Vita nuova (un tempo), Chiesa vecchia (sempre)

Non è una notizia clamorosa e nemmeno di interesse generale, ma per me è un brutto colpo. Il settimanale diocesano “Vita nuova” chiude i battenti. E chi se ne frega, penserà qualcuno. Cosa vuoi che sia in mezzo a ponti che crollano, a terremoti impellenti, a sciagure continue. Un mio carissimo amico sosteneva che quando i problemi si fanno drammatici è il momento di attaccarsi alla cultura. Con Vita nuova se ne va un pezzetto di cultura, storia e vita cristiana della nostra città. Era nata e cresciuta come voce libera e di dialogo, come finestra che la Chiesa di Parma osava criticamente aprire. Ne sono stato testimone e partecipe nella fase post-conciliare, ne ho conosciuto direttamente alcuni fondamentali protagonisti, ne ho apprezzato la storia dei fondatori e di quanti hanno ostinatamente tenuto acceso questa fiammella. Da tempo la spinta si era affievolita e questo giornale vivacchiava tra la solita endemica indifferenza della gente e la snaturante pedissequa integrazione negli schemi clericali: per dirla fuori dai denti, si era progressivamente trasformata in una sorta di lussuoso, ma insignificante, bollettino diocesano.

Il fatto mi ha colto di sorpresa. Ammetto che l’aspetto sindacale di questa decisione con il frettoloso licenziamento di alcuni dipendenti mi amareggia ancor di più, ma il discorso per me è molto più profondo. Anche il ripiegamento editoriale sul supplemento periodico ad Avvenire non è che lo sbocco moderno (?) agli antichi vizi del disimpegno e del quieto vivere. È un vero peccato mettere in cantina una esperienza ed un patrimonio, relegandolo alle nostalgie di chi ci ha creduto e lavorato nel tempo. Faccio un solo nome, che ho nel cuore, quello di Egisto Rinaldi: quanto impegno, quanta ostinata convinzione ha profuso al servizio di questo strumento!

Non è un caso se questa storia finisce così malamente. Da una parte c’è la responsabilità di una gerarchia locale flaccida e ortodossa, totalmente incapace di spunti ed iniziative minimamente critiche. Dall’altra parte un Popolo di Dio clericaleggiante e perbenista, con la solita puzza sotto il naso, capace di mormorare, ma totalmente incapace di agire. Forse nella storia di Vita Nuova c’è tutto il bene e il male di Parma, di questa strana città, capace di qualche isolato acuto, ma schiacciata sotto la monotonia culturale.

Non intendo in questa sede tornare sulla mia esperienza personale all’interno di questo giornale: chi vuole può documentarsi girovagando nel mio sito, tra i miei scritti e i miei ricordi. Resta il rammarico di tante forze ed esperienze sprecate. Sprecate? Forse mi sbaglio! Tutto serve, tutto fa brodo, in cui rischia tuttavia di scuocere la pasta della testimonianza cristiana. In conclusione, con un nodo alla gola, mi chiedo: chi avrà il coraggio di fare certe battaglie in nome della cristianità parmense, come seppe fare Vita nuova in tempi più o meno antichi? Mancherà solo uno strumento o mancherà la voglia ed il coraggio? A volte serve toccare il fondo e sicuramente la triste fine di questo giornale è una brutta pagina attuale, che non cancellerà le gloriose pagine del passato. Auguri!