Un diluvio a prova di escort

“Se fossi sottoposto a impeachment, penso che i mercati crollerebbero. Non so come qualcuno possa essere messo in stato di accusa quando sta facendo un gran lavoro”. Così il presidente Usa Trump, in un’intervista a Fox News, a proposito dell’ipotesi circolata dopo che il suo ex legale Michael Cohen ha detto di aver violato i finanziamenti elettorali prima delle elezioni del 2016, pagando due donne – su richiesta di Trump – perché tacessero le loro relazioni con lo stesso Trump.

Non mi interessa l’autodifesa del presidente americano: «I pagamenti fatti non sono una violazione della legge che finanzia la campagna elettorale. Il denaro era mio, non della campagna elettorale». In questa materia se la vedranno le istituzioni statunitensi, così come a livello etico se la vedrà il popolo americano fino ad ora così rigoroso e quasi bigotto ed improvvisamente così largo di manica.

“Dopo di me il diluvio” sembra avvertire Trump, riferendosi all’eventualità che una sua messa in stato d’accusa possa far crollare i mercati finanziari. In prima battuta direi che potrebbe avere ragione. La sua presidenza infatti ha due riferimenti sociali ben precisi: i ricchi, vale a dire i potenti del mondo economico-finanziario di cui Trump cura attentamente gli interessi; i poveri, vale a dire gli sfigati d’America, che si sentono rasserenati e tranquillizzati dal suo protezionismo e dalla sua demagogia, nonché divertiti dalle sue scorribande sessuali. Si tratta dello storico percorso compiuto, più o meno, da tutti i dittatori: rassicurare il potere economico alla ricerca della sponda politica più conveniente e illudere il sotto-proletariato in balia delle paure. Trump è un dittatore? Formalmente no, sostanzialmente sì. Anche la sua politica estera lo dimostra: un colpo al cerchio e uno alla botte, l’attacco ideologico a cui fa seguito il compromesso affaristico, il “divide et impera” sistematicamente adottato, lo “spadroneggiamento” fregoliano della scena mondiale, “l’istupidimento” totale ottenuto con i colpi di teatro assestati sul capo dei guardoni della politica.

Fin dove e fin quando questo castello trumpiano reggerà? Allo storico e paradossale “molti nemici molto onore” si sostituisce un ancor più cinico “tutti nemici e tutti amici”: la scacchiera del presidente americano è continuamente scombussolata, non ci si capisce niente, lui, invece, ci capisce benissimo assieme ai poteri forti che lo sostengono (quelli che qualcuno pensava fossero in difficoltà con la schizofrenica nuova presidenza), mentre chi lo ha votato insiste a considerarlo comunque una risorsa per “protezionare” l’economia e “sglobalizzare” il mondo.

Chi potrà chiarire l’equivoco e sgonfiare il pallone che minacciosamente ci sovrasta? Qualcuno ritiene che la potenza americana consenta di fare comunque il bello e il cattivo tempo. Non ne sarei così sicuro. Il potere non è monopolizzato dagli Usa, esiste una sorta di oligopolio imperfetto, foriero di ulteriori pericoli, ma anche baluardo allo strapotere statunitense. È una guerra anti-democratica, giocata sull’orlo della catastrofe, in cui è difficile schierarsi, dove le storiche alleanze stanno saltando come birilli, dove molti rischiano di rimanere vittime del gioco delle parti.

L’Europa sarebbe l’unico protagonista in grado di saldare la pragmatica tattica difensiva dei propri interessi economici con la storica strategia della, seppur minima, fedeltà agli ideali democratici dell’occidente. Troppo divisa, troppo priva di leadership, troppo grande per essere grande. E allora?  A volte basta il granellino di sabbia per mettere in crisi tutta la macchina.

Durante i giorni delle gravi difficoltà clintoniane conseguenti alla nota vicenda a luci rosse con la stagista Monica Lewinsky, un simpatico amico mi disse: «Certo che gli Usa sono caduti in basso: John Kennedy si poteva permettere di fare sesso con Marilyn Monroe, il simbolo del sesso; Bill Clinton si è fatto sputtanare e ricattare da una modesta e grassoccia furbacchiona…Il mondo va verso la catastrofe…». Non resta che sperare nella pornostar Stormy Daniels e nell’ex coniglietta di Playboy Karen McDougal, ingaggiate dall’avvocato di Trump, e nella loro capacità di infierire sullo spadroneggiante tycoon/president.  Cherchez la femme o, meglio, cherchez le femmes. Mi vergogno di simili speranze, ma quando si è disperati ci si attacca a quanto capita a tiro, fossero anche le sontuose tette di due escort di lusso, che, oltre tutto, possono contare sulla mia pregiudiziale simpatia.