Ping Pong e…Pang

Ogni stagione ha il suo giochino. A Natale si gioca a tombola. In agosto, almeno quest’anno, si gioca a ping-pong sulla Tav. Alessandro Di Battista, grillino in libera uscita (non ho capito bene a quale titolo e da dove parli) ha il pregio di dire la verità: non si tratta di fare delle analisi costi-benefici per verificare se la tav sia un’opera redditizia, ma di calcolare l’impatto elettorale delle scelte sulla tav. Il M5S ha ottenuto parecchi voti promettendo di bloccare il treno ad alta velocità, ora deve verificare in termini di consenso elettorale l’atteggiamento da tenere: sarà sostenibile la perdita di voti nel caso di prosecuzione dei lavori oppure sarà opportuno insistere nel bloccare l’opera cercando di mantenere il gruzzolo elettorale accumulato? Detto fuori dai denti il problema sembra solo questo. Dei costi, dei benefici, delle stime, delle previsioni, dei flussi di merci e di persone non frega niente ai pentastellati, che mettono addirittura le mani avanti, sostenendo che tali dati sarebbero “farlocchi” e che quindi bisognerebbe ripartire da capo. Lo afferma il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli con la sua innata antipatia, il quale dovrebbe spiegarci il perché siano da considerare stupidi e/o corrotti quanti hanno impostato ed avviato queste mastodontiche opere.

Il ministro Matteo Salvini tenta di volare alto: «Le infrastrutture servono, servono strade più belle e ferrovie nuove, io voglio andare avanti». Barbara Lezzi, ministro per il Sud in quota grillina, replica al vicepremier Salvini (non ho capito se in riferimento alla Tav, alla Tap o a cosa e se intenda dargli ragione o contrastarlo): «In Italia servono le infrastrutture, ed in particolar modo ne hanno estremo bisogno il Sud e le aree interne del Centro-Nord. È la carenza di questo genere di investimenti che ha provocato una perdita ulteriore di posti di lavoro al Sud di 300.000 unità. Strade sicure, ferrovie, scuole, ricerca, università, bonifiche, anti-dissesto idrogeologico, energia pulita è quello che l’Italia aspetta». Ma la Tav non è una ferrovia? E la Tap non è un gasdotto? Non sono infrastrutture? Cosa sono?

Anche il presidente del Piemonte, il governatore Chiamparino, aggiunge la sua cucchiaiata, dichiarando che la regione realizzerà un’analisi costi-benefici sul sistema delle grandi opere, perché quella governativa si annuncia già scritta, visto a quali amici del trasporto su gomma e delle autostrade è stata affidata. Sarebbe opportuno fosse più chiaro e spiegasse meglio le sue gravi allusioni. Poi aggiunge: «Nelle regione del Nord-Ovest le grandi opere europee sono reciprocamente correlate: o vanno avanti per tutti o si fermano per tutti». E infine lancia l’hashtag “difendiamoilpiemonte” finalizzato a percorrere la strada della crescita.

Sembra un dialogo come quello che spesso ricordava mio padre: una gustosa chiacchierata tra due sordi. Uno dice all’altro: “Vät a lét?”; l’altro risponde:” No vagh a lét” E l’altro ribatte: “Ah, a m’ cardäva ch’a t’andiss a lét”.

Tornando al ping-pong mi viene spontaneo pensare ai tre personaggi dell’opera pucciniana Turandot: si chiamano Ping, Pong e Pang, e, manco a farlo apposta sono i ministri del regno cinese, di cui Turandot è la bellissima e frigida principessa.  Vogliono tentare di dissuadere il pretenzioso straniero Calaf dal suo intento di sottoporsi alla macabra gara degli indovinelli, imbambolato dal fascino incontenibile della gelida e spietata principessa. Questi gli prospettano pittorescamente il rischio di essere sbudellato e fatto a pezzi in caso non riesca a risolvere i quesiti, gli buttano in faccia le delusioni erotiche della carne cruda principesca che non si mangia, gli offrono l’opportunità di avere cento mogli e cento letti su cui consolarsi. Gli fanno una tale confusione, che finisce col confermare ancor più l’intenzione spericolata di questo giovane in cerca di guai. I nostrani velleitari Ping, Pong e Pang alla fine lasceranno intatto il fascino delle gelide infrastrutture e tutto proseguirà nella gara in cui, speriamo di trovare, oltre alla morte dell’ostinato ambientalismo di Liù, l’amplesso liberante dello sviluppismo di Calaf. Se qualcuno non ha ben compreso la metafora, non gli resta che vedere l’opera di Puccini e poi, magari, mi darà anche ragione.