Non è facile scardinare “la ragion di Chiesa”

Ho letto con attenzione la lettera/denuncia dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che mi ha confermato nell’idea di fondo che nutro in merito alla gerarchia cattolica ed alla cosiddetta “Chiesa Istituzione”. Il problema non è se papa Bergoglio conoscesse certi fatti e certe responsabilità riguardanti il problema degli abusi sessuali perpetrati dai sacerdoti e coperti a livello di alto clero statunitense e vaticano e non abbia agito tempestivamente, fidandosi magari dei consiglieri, usando troppa prudenza, tergiversando un po’ troppo. La questione è ben più profonda e globale e tocca tutta la struttura apicale centrale e periferica della gerarchia cattolica.

Dalla suddetta circostanziata testimonianza scritta dell’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, al di là della denuncia dell’immoralità della Chiesa e della chiamata in causa di papa Francesco di cui vengono chieste le dimissioni, emerge uno spaccato clericale cattolico a dir poco sconcertante: i rapporti sono impostati e vissuti all’insegna della gestione del potere in senso meramente burocratico. A volte mia sorella Lucia, attenta osservatrice dei rapporti tra Chiesa e politica, si lanciava in questa amara constatazione: la Chiesa ha poco da insegnare alla politica, è inutile che se ne erga a censore, si guardi piuttosto in casa. Il “compiaciuto” quadro tracciato da Viganò è peraltro indirettamente avvalorato dalle dichiarazioni di Josh Shapiro, l’equivalente del ministro della giustizia dello Stato della Pennsylvania, dove sarebbero stati commessi abusi da parte di 300 sacerdoti nei confronti di un migliaio di vittime: «Abbiamo le prove che il Vaticano sapeva e ha coperto gli abusi. Non posso parlare specificatamente di papa Francesco».

Nella pesantissima iniziativa non si riesce tuttavia a capire quanto ci sia di evangelica denuncia, di dispettosa vendetta e di strumentale ostilità verso le novità nell’indirizzo ecclesiale. Il dato impressionante è l’immagine di una gerarchia autoreferenziale e totalmente distaccata dalla fede. Aveva ragione un mio simpatico amico, quando qualche tempo fa, di fronte ai comportamenti curiali, e non solo curiali, di cardinali e vescovi, mi chiese provocatoriamente: «Secondo te, questi signori sapranno il “Padre nostro”?». Dubbio atroce, ma plausibile!

In un clima di tale genere può succedere di tutto, anche l’insabbiamento, il depistaggio e la copertura dei più gravi vizi in materia sessuale e non solo sessuale. È quasi normale che prevalga la “ragion di Chiesa”. E questi signori vorrebbero venirmi ad insegnare come devo comportarmi? No, non posso ascoltarli, mi basta il Vangelo. Don Lorenzo Milani mette tutti a tacere in merito ai rapporti con la Chiesa: «E’ la croce che porto per godere dei sacramenti. Non mi ribellerò mai alla Chiesa perché ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati, e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la Chiesa».

Mio padre, di ritorno dalla toccante visita al sacrario di Redipuglia, si illudeva di convertire tutti al pacifismo, portando in quel luogo soprattutto quanti osavano scherzare con nuovi impulsi bellicosi. «A chi gh’à vója ‘d fär dil guéri, bizògnariss portärol a Redipuglia: agh va via la vója sùbbit…». Pensava che ne sarebbero usciti purificati per sempre. Simili modo, se si vuol far perdere la fede a qualcuno, credo sia sufficiente portarlo in visita nelle stanze vaticane, non per ammirare gli affreschi pittorici, ma per vedere gli intrighi di palazzo sempre al “disordine del giorno”.

Don Andrea Gallo raccontava, con la sua ineguagliabile verve, una barzelletta sferzante: «Voi sapete che nella nostra Santa Madre Chiesa, uno dei dogmi più importanti è la Santissima Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’amore e la comunione vanno in tutto il mondo, e si espandono. Lo Spirito Santo dice: “Andiamo a farci un giro. Io sono affascinato dall’Africa”.  Il Padre risponde: “Be’, io andrò a vedere il paradiso delle Seychelles. Perché non capisco come mai i miei figli e figlie hanno il paradiso in terra”. Gesù ascolta e non risponde. Allora gli altri due: “Tu non vai?” Gesù: “Io ci son già stato duemila anni fa”. “Non ci farai mica far la figura che noi andiamo e tu rimani”, gli dicono in coro il Padre e lo Spirito Santo. “Va be’, allora vado anch’io”. “Dove vai?” “A Roma”. “Sì, ma a Roma dove vai?” “Vado in Vaticano”. “In Vaticano?”, dicono increduli il Padre e lo Spirito Santo. Gesù risponde: “Eh sì, non ci sono mai stato”».

Forse anche Bergoglio, nei pochi anni vissuti da pontefice e nei precedenti vissuti da vescovo e cardinale, avrà accumulato responsabilità non indifferenti. Questo non significa che debba togliere il disturbo. Con questo criterio la Chiesa non sarebbe mai partita: gli undici non erano forse dei vigliacchetti qualsiasi e Pietro non era un voltagabbana? Seppero redimersi, convertirsi e purificarsi a caro prezzo. Credo che papa Francesco stia cercando di farlo. Rispettiamo il suo travaglio interiore e il suo coraggioso tentativo di voltare pagina (è la base sostanziale della sua nomina a pontefice). Teniamocelo stretto!

Dei suoi predecessori ho una mia originale idea riguardo al loro atteggiamento verso la Curia e gli intrighi vaticani: Paolo VI soffriva, si macerava e poi si arrendeva all’impossibilità del cambiamento; Giovanni Paolo I somatizzò il dramma al punto da morirne in pochi giorni; Giovanni Paolo II se ne fregò altamente, andò per la sua strada, si illuse di cavare anche un po’ di sangue dalle rape; Benedetto XVI ci rimase dentro alla grande e gettò opportunamente la spugna. Quando constato come tanti papi siano diventati o stiano diventando Santi, mi viene qualche dubbio. Pur con tutto il rispetto, temo che nell’aldilà troveremo parecchie novità, riguardo alla nostra vita e a quella della Chiesa.