Negoziazioni europee alle grida

Ogni volta che una nave carica di migranti si avvicina alle coste italiane, da qualche mese a questa parte, scoppia regolarmente il casino. Se si tratta di una nave ong scatta la diffidenza, se si parla di una nave riconducibile alle flotte nazionali inizia la diatriba sulla competenza all’accoglienza. Si gioca a battaglia navale con queste imbarcazioni sballottate di qui e di là, piene di gente sofferente e stremata. Lo “spettacolo” è inqualificabile e insopportabile, anche perché dietro queste discussioni si nasconde un amaro rigurgito razzista, in cui stiamo ricadendo.

Bisogna però essere sinceri. Fino ad oggi l’atteggiamento assai ragionevole e disponibile dell’Italia non aveva sortito alcun effetto sulla Ue e sui suoi Stati-membro, se si esclude la nomination al premio Nobel per la pace espressa più volte dal presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker. Più volte i precedenti governi avevano chiesto collaborazione ed aiuto. Si era arrivati anche a stipulare patti per spartire la poco appetibile torta dei disgraziati migranti: nessuno li ha rispettati e l’Italia si è trovata sola, alle prese con un flusso problematico da gestire.  Il ministro Minniti, a cui va riconosciuto coraggio, impegno e capacità politica nei rapporti internazionali, ha fatto giustamente la mossa del cavallo, andando a trattare direttamente con i Paesi di origine e di transito degli immigrati, ottenendo risultati apprezzabili sul piano quantitativo anche se discutibili dal punto di vista umanitario e di cui l’attuale governo si fa vanagloriosamente bello.

C’è voluta l’urlante demagogia leghista e il provocante decisionismo salviniano e toninelliano per smuovere le acque a livello europeo e mettere tutti di fronte alle loro responsabilità. L’atteggiamento viscido e opportunistico della Ue ha avvalorato l’idea che per essere rispettati occorra fare casino. Non condivido affatto questa recente ed aggressiva tattica italiana tattica, che può dare l’illusione di qualche risultato immediato, ma che peggiora la a situazione nell’ambito complessivo dei nostri rapporti con la UE. Qualcuno è arrivato a insinuare che i precedenti governi, a guida PD, tenessero un atteggiamento morbido sul problema immigrati per ottenere qualche contropartita a livello finanziario in materia di bilancio e debito pubblico. Non credo a queste favole giallo-verdi, anche se la nostra posizione nella UE non può essere impostata e gestita a compartimenti stagni e quindi non mi scandalizzerei affatto se l’Italia avesse ottenuto qualche risultato sui tavoli economici, avvalendosi anche dell’impegno profuso nell’accoglienza agli immigrati.

Attenzione pertanto a chi fa la voce grossa e tiene atteggiamenti durissimi sul fronte immigrazione: voglio proprio vedere quanto questa voce si farà flebile allorché si dovranno trattare i vincoli di bilancio e il rispetto dei parametri finanziari. A meno che non si voglia giocare al ricatto, facendo continuamente balenare l’idea di una italexit. Ci penserebbero i mercati a darci una regolata, cosa peraltro che sta già in parte avvenendo. Secondo un celebre ed arguto aforisma degasperiano, un politico guarda alle prossime elezioni, mentre uno statista guarda alla prossima generazione. Mi sembra che il parterre italiano non abbondi di statisti. Se tuttavia può funzionare il giochino politicante con gli elettori italiani, non penso funzionerà con l’establishment europeo, ma nemmeno con gli elettori dei partner europei. Forse si possono contrattare i voti alle grida dentro i nostri confini nazionali, ma a Bruxelles le nostre grida rischiano di diventare urla strazianti o peggio ancora, sussurri impercettibili.