La Casa Bianca di Dracula

Al Sgnôr ja fa e po’ ja compàgna: ogni simile ama il suo simile. Questa in estrema sintesi la pavoneggiante conclusione dell’incontro alla Casa Bianca fra Trump ed il nostro Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Conte sta facendo un ottimo lavoro”: così il presidente Usa ricevendo il premier italiano. “Sono molto d’accordo su quello che state facendo sull’immigrazione”, ha aggiunto, “bisogna essere duri sui confini”, e “molti altri Paesi in Europa dovrebbero seguire l’esempio dell’Italia”. Via libera alla cabina di regia permanente Italia-Usa per il Mediterraneo in chiave di lotta al terrorismo, immigrazione e Libia.

“Su dazi e commercio, dice Trump, abbiamo un deficit con l’Italia di 31 miliardi di dollari” che aggiusteremo. Ancor più problematico il discorso sulle sanzioni alla Russia e sul gasdotto Tap. Le sanzioni per Washington devono rimanere senza modifiche, ma per Roma non dovrebbero coinvolgere la società civile. Il gasdotto è considerato una struttura fondamentale dagli Stati Uniti, mentre il premier italiano ha ricordato i malumori delle comunità locali, su cui cercherà di lavorare per appianare le resistenze anche incontrando direttamente le autorità locali in Puglia.

Sul piano politico Trump ha definito se stesso e il Capo del governo italiano “due outsider” anti-establishment a difesa dei diritti dei cittadini. Per quanto concerne i complicati rapporti tra Usa e Ue, all’Italia viene riconosciuto il ruolo di facilitatore. Sono proprio questi i dati politici che preoccupano: che Conte cerchi sponde robuste per la sua azione di governo non mi scandalizza, ma mi infastidisce che le vada a cercare da un personaggio che non nasconde di remare contro l’Europa, giocando a dividerla ed a metterla in gravi difficoltà. Uno alla volta i leader europei vengono considerati facilitatori, ma in realtà rischiano di fare la parte dei servi sciocchi degli americani.

Con questo viaggio Giuseppe Conte ha portato l’Italia nell’internazionale del sovranismo e del populismo: cambia radicalmente la posizione internazionale del nostro Paese. Fino ad ora si sono pagati prezzi salati in termini di autonomia pur di ottenere i benefici di una collocazione occidentale, fatta di scambi commerciali, di aiuti, di intese economiche, di patti militari. Ora i prezzi da pagare diventano ancor più pesanti a fronte di confuse e strambe strategie: tutti contro tutti e, naturalmente, a rimetterci sono i più deboli, Italia in primis. Non vorrei veramente che Conte si fosse venduto a Trump, personaggio peraltro inaffidabile, ondivago, umorale ed incoerente, per un ipotetico piatto di lenticchie, fatto di pacche sulle spalle, di strizzate d’occhi e di sorrisetti ammiccanti. Non c’è da fidarsi. Ho l’impressione che Conte si sia aggrappato a Trump cercando quella legittimazione e quel carisma di cui è sprovvisto: Trump ha capito tutto e se lo sta cucinando a dovere.

Quando venne (non) eletto Trump alla Casa Bianca fui preso da un’autentica angoscia: il mondo in mano ad un tycoon, uno sconclusionato magnate dell’industria, personaggio potente ed autoritario, ma oltre tutto culturalmente e politicamente inadeguato.   Non avrei pensato che, a distanza di poco più di un anno, l’Italia finisse nelle grinfie di questo millantatore, capace solo di vantarsi con boriosa esagerazione e senza alcun fondamento. Gli Italiani, prima o poi, capiranno il disastro che hanno combinato. Ai tempi delle disgrazie berlusconiane potevamo fare affidamento su Obama, sulla Ue, per tirarci fuori dalla melma. Oggi siamo soli e nessuno è in grado di aiutarci ad uscire dal tunnel in cui ci siamo ficcati, anzi ci stanno tutti aiutando, anche e soprattutto per nostra stupidità, ad andare nel fosso.