Il sesso, se non è donato, rischia di essere rubato

Ho letto tutto d’un fiato, con emozione, convinzione ed apprensione, il testo integrale della lettera al Popolo di Dio, scritta da papa Francesco sullo sconcertante e delicato tema riguardanti gli abusi sessuali su minori e persone indifese, perpetrati da sacerdoti nel buio pesto di un passato, che sta venendo sempre più a galla. Posso immaginare con quanta sofferenza Bergoglio avrà deciso di affrontare questo argomento: non tanto quella di constatare il marciume esistente a livello clericale, ma soprattutto e innanzitutto quella di immedesimarsi nelle tante persone colpite da simili comportamenti. Devo ammettere che ogni resistenza è stata superata, che la vergogna è stata trasformata e metabolizzata in dolore, pentimento e conversione per l’intera comunità ecclesiale, dopo che ogni tentazione a sminuire o coprire è stata definitivamente vinta.

Il papa riconosce inesorabilmente il profondo tradimento evangelico: «Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli». E dopo l’accusa del peccato ecco l’impegno alla conversione: «Imparare a guardare dove guarda il Signore, a stare dove il Signore vuole che stiamo, a convertire il cuore stando alla sua presenza. Per questo scopo saranno di aiuto la preghiera e la penitenza. Invito tutto il santo Popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore, che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del “mai più” verso ogni tipo e forma di abuso».

Accolgo con senso di appartenenza e di responsabilità l’appello a condividere il cammino di revisione e conversione di vita. Desidererei tanto però che si facesse un ulteriore passo avanti, riconoscendo come la causa scatenante  di questi diffusi ed abnormi comportamenti sia da individuare anche in un approccio sbagliato al discorso sessuale, di cui siamo stati  tutti, come popolo di Dio, più o meno vittime: il sesso vissuto come pericolo da evitare e non come dono da accogliere; la donna, con il suo fascino fisico e psicologico, vista come diavolo tentatore da esorcizzare; l’educazione religiosa piena zeppa di tabù e di colpevolizzazioni; la strada verso il sacerdozio lastricata di assurde proibizioni e costrizioni; l’obbligo del celibato imposto in senso negativo ed oppressivo; l’omosessualità combattuta ai limiti dell’omofobia, salvo quasi sopportarla nel nascondimento border line; i comandamenti compendiati e sintetizzati nel sesto “non commettere atti impuri”, fino a farne una specie di complesso propedeutico ad una sessualità sbagliata e fuorviata.

Il toccasana non è il superamento tout court del celibato sacerdotale, ma nemmeno l’insistenza a mantenere un obbligo che può comunque favorire una sessualità compressa ed equivoca, scantonante talora in sfoghi di perversione e di trasgressione contro natura. Tornare al Vangelo credo significhi anche prendere atto come Gesù non abbia insistito su precetti morali riguardanti la vita sessuale, ma abbia considerato il sesso come dono da inquadrare e vivere in un contesto di amore. Papa Francesco su questa problematica parte in quarta: non si sente di giudicare gli omosessuali, si candida a somministrare il Battesimo al figlio di una ragazza-madre, sostiene che la camera da letto dei coniugi non è assimilabile ad una conigliera riproduttiva, etc. etc. Poi, quando si arriva al dunque, scala le marce e frena, spiazzando un po’ tutti.

«Il sesso è anche un piacere. Fisico, intendo. E non me ne vergogno. Come prete non posso praticare la scelta del sesso, ma immaginarlo almeno un po’ praticato da altri, mi rende l’animo più gaudente e allegro» (Don Andrea Gallo, testamento di un profeta). A parte che se un prete praticasse sesso in modo “serio”, non avrei niente da eccepire (anzi…), non pretendo che papa Francesco esprima simili provocatori concetti, anche se ne sarei enormemente soddisfatto. Capisco la prudenza, ma fin quando non diventi reticenza. La stupenda lettera al Popolo di Dio, di cui consiglio caldamente la lettura, non è certo reticente, ma rimane, in un certo senso, a parlare ad intra, sinceramente e coraggiosamente, di sesso “rubato”, mentre forse occorrerebbe anche parlare in campo aperto e senza alcun ritegno di sesso “donato”.