Bullismo a trecentosessanta gradi

Mio zio Ennio sacerdote venne a far visita a mia madre e, mentre attraversava il piazzale antistante l’abitazione, fu aggredito verbalmente da un giovane del quartiere ed apostrofato in modo volgare ed offensivo. Mia madre assistette alla scena in lontananza, dalla finestra. Chiese cosa fosse successo e lo zio sdrammatizzò l’accaduto, colpevolizzando non il giovane, stupido e violento interlocutore, ma l’ignoranza che lo attanagliava. Alla mamma però non bastò la cristiana indulgenza del sacerdote né la sottovalutazione dell’accaduto. Alla prima occasione d’incontro con quel ragazzo, lo rimproverò aspramente, gli spiegò la gravità del comportamento tenuto e lo diffidò dal ripetere simili bullismi, pena un intervento eloquente a suon di ceffoni: come al solito questi prepotentelli, se opportunamente aggrediti, scappano dalle loro responsabilità (così almeno succedeva un tempo). Ed anche questo borbottò qualche assurda scusante e si allontanò: l’episodio funzionò indubbiamente da antidoto per le future eventuali mire provocatorie.

Sono riandato a questo piccolo, ma eloquente, episodio di un passato remoto a significare che i “bulli” ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Caino non è stato forse il primo delinquenziale bullo del genere umano? Cosa è tuttavia che caratterizza il fenomeno del bullismo in questi tempi oltre al suo dilagare? Probabilmente il fatto che è diventato il multiforme schema di comportamento generale e che sembra addirittura un comportamento vincente. Partiamo dall’alto. Non è forse bullismo il modo di governare di Donald Trump e Vladimir Putin nei loro rispettivi ruoli e nei loro Paesi con pesante influenza sulla vita e la storia di tutto il mondo? Non è forse bullismo, incoraggiato da iniziative demenziali trumpiane, quello della classe dirigente israeliana a livello civile e religioso nei confronti dei palestinesi, pur considerando la follia bellicista di questi ultimi.  Non è forse bullismo, in versione quasi infantile, quello del leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, quando gioca alla playstation coi test nucleari e missilistici? Non sono forse aspiranti bulli i leader europei che giocano a spaventarsi reciprocamente, pur riconoscendo la necessità di convivere e collaborare tra gli Stati membri della UE.

Scendiamo di uno scalino. Non sono bulletti della politica i Salvini e i Di Maio impegnati a spaventare la vita politica degli italiani, facendo credere di avere in tasca il segreto per cambiare il sistema? Non è stato un bullo Silvio Berlusconi facendo credere agli Italiani che i suoi interessi coincidessero con quelli della nazione? Il leaderismo esasperato della politica porta inevitabilmente ad una sorta di bullismo. Non è una forma di bullismo il cosiddetto yuppismo, vale a dire il comportamento dei rampanti professionisti, dall’aspetto molto curato e dalla vita frenetica, che mirano a far carriera a tutti i costi ed a scalare la gerarchia sociale, calpestando, senza alcun scrupolo, tutti coloro che si interpongono alla loro salita?

Arriviamo ai bulli che vessano i loro coetanei più deboli per divertimento e per autopromozione psicologica, ai bulli che minacciano e aggrediscono i loro insegnanti, i bulli che spadroneggiano sulle loro donne al punto da deturparne il corpo o addirittura ucciderle barbaramente, i bulli che delinquono quasi per sport seminando paura nelle strade e nei quartieri. Potremmo continuare, ma non serve.  Cosa voglio dire? Che la nostra società è profondamente malata al punto che le sue patologie vengono adottate come schema di vita “sana”. Malattia e salute si confondono in una confusione di insegnamenti e comportamenti fuorvianti. Ritrovare il filo per uscire dal labirinto sarà molto problematico.

Ho iniziato con un episodio, termino con un altro risalente a parecchi anni fa. Ero alla fermata di un autobus ed attendevo con la solita impazienza l’arrivo del mezzo pubblico; accanto a me stavano un giovane padre assieme a suo figlio bambino, ma non troppo. Sfogliavano un giornale sportivo e leggevano i titoloni: il più eclatante diceva della pesante squalifica comminata a Maradona per uso di sostanze stupefacenti. Si, il grande Maradona beccato con le dita nella marmellata. Il bambino reagì sottolineando la gravità della sanzione ed espresse, seppure un po’ nascostamente, il suo rincrescimento per l’accaduto. Qui viene il pezzo forte, la reazione del padre che vomitò (non so usare un verbo migliore): “Capirai quanto interesserà a Maradona con tutti i soldi che ha!!!”. Il bambino non replicò e l’argomento purtroppo si chiuse così. Non so ancora darmi ragione del mio silenzio, ma forse fu dovuto al fatto che una bestialità simile non me la sarei mai aspettata da un padre: ci fosse stato “mio padre” non avrebbe taciuto. In poche parole quel signore aveva lanciato un messaggio negativo, diseducativo all’ennesima potenza. Era come dire al proprio figlio: “Ragazzo mio, nella vita conta solo il denaro, delle regole te ne puoi fare un baffo, della correttezza fregatene altamente”. Arrivò finalmente l’autobus, il tutto finì lì, ma in cuor mio ringraziai mio padre perché non ragionava così.