Tres Tres Tria

Con la sua innata vis polemica Renato Brunetta, ogni tanto, ne azzecca una: di questi tempi sostiene che il governo ha tre anime, quella sovranista di Salvini, quella assistenzialista di Di Maio e quella burocratica di Tria (nessuno, con licenza parlando, se lo caga e pensare che ha in mano la cassa…). Se non ho sintetizzato bene il pensiero dell’esponente forzista, gli chiedo umilmente scusa, ma la sostanza del suo discorso è questa. Mi permetto di essere d’accordo. È già successo in passato che a livello di governo esistessero sensibilità e opinioni diverse tra i partiti di riferimento e i ministri stessi. Non mi scandalizzo quindi del fatto in sé, che al limite potrebbe essere anche foriero di vivacità e dinamicità, pagando tuttavia il prezzo di una imbarazzante confusione.

Qualsiasi umana convivenza ha i tempi della intesa perfetta, della crisi passeggera, della riconciliazione, della rottura provvisoria, della ripresa di rapporti, della separazione definitiva con tanto di strascico polemico se non addirittura odioso. Non ho capito quale sia la fase che sta attraversando il governo Conte: dovrebbe essere il tempo della luna di miele, dei bacini e dei bacioni, invece… All’inizio di una mia avventura sentimentale, dopo un periodo di ferie trascorso insieme alla donna di cui ero follemente innamorato, un caro amico mi chiese come stavano andando le cose. Risposi, con una certa soddisfazione, che, tutto sommato, il bilancio di quella prima convivenza poteva ritenersi accettabile. Venni autenticamente gelato dall’esperienza fatta uomo: «I bilanci non si fanno all’inizio, ma alla fine. Questo, per te, dovrebbe essere il tempo segnato dall’idillio. Se parti con qualche contrasto all’inizio, figuriamoci dopo…».

In effetti stanno emergendo, seppure ovattate dalla necessità dello stare insieme, idee radicalmente divergenti, tenute insieme col bostik dell’opportunismo giallo-verde. Viene spontaneo chiedersi con linguaggio dipietrista: cosa ci azzecca lo sbracato liberismo di Salvini con il puntuto pubblicismo di Di Maio e con il perbenista ragionierismo di Tria?  Prendiamo a riferimento proprio l’economia: i grillini puntano all’effimero sviluppo basato sul sostegno pubblico ai disagiati (reddito di cittadinanza); i salviniani postulano una illusoria ripresa legata alla libera iniziativa affrancata dal giogo erariale (flat tax); il ministro Giovanni Tria, che ha in mano tutte le chiavi di casa, intende salvare capra e cavoli, dando un colpo al cerchio degli equilibri di bilancio ed uno alla botte della spesa sociale.

I leghisti guardano al cassetto delle imprese, soprattutto le piccole e medie, i pentastellati guardano al portafoglio rinsecchito di chi cerca un lavoro, Tria guarda all’Europa, ai mercati ed alle agenzie di rating. Conte dovrebbe fare sintesi, ma ho la netta impressione che faccia soprattutto cilecca. L’unica sintesi possibile sta nella ricerca affannosa di nemici marginali: i beneficiari dei vitalizi, i pensionati d’oro, le imprese delocalizzanti. Ma esiste un altro modo di ritrovare la concordia. Mi riferisco al discorso immigrazione, che sta funzionando da scarico di tutte le tensioni: i due coniugi che sono sempre sull’orlo del litigio e lo esorcizzano dando tutte le colpe alla donna di servizio; i tifosi che non accettano le sconfitte e buttano la croce addosso all’arbitro (oggi anche al Var, Video Assistant referee, assistente al video dell’arbitro). Alla fine è tutta colpa dei disperati africani alla ricerca della pacchia buonista. Le comari del governo Conte sono poco allegre, fanno finta di andare d’amore e d’accordo, ma sotto sotto si odiano cordialmente. Tra moglie e marito non metterci il dito, tra Salvini e Di Maio non metterci il povero Tria.