Papa Salvini e il cardinal Mattarella

È inutile negarlo: il clima italiano soffre un certo imbarazzo di fronte ai reiterati episodi di aggressione a sfondo razzista. Da una parte c’è l’assordante silenzio del leghismo strisciante: qualcuno probabilmente si vergogna di essersi elettoralmente convertito alla non meglio definibile deriva anti-immigrazione; dall’altra parte c’è il ridicolo nuovismo del grillismo sbraitante: non è il razzismo la cifra caratteristica pentastellata, ma una “pesciolata” nel barile  conviene, porta consenso e butta ulteriore fumo negli occhi arrossati di rabbia; poi c’è il menefreghismo di chi sta a guardare: sono tanti quelli che sdegnosamente si ritraggono e non trovano la voglia e la forza di reagire.

Per nostra fortuna arrivano continui moniti del Capo dello Stato: «Ogni giorno migliaia di persone mettono a rischio la propria vita e quella dei propri cari per mare e per terra, in condizioni disperate. Terreno agevole per le nuove forme di schiavitù è il fenomeno migratorio. Nessun Paese è immune da questa violazione della dignità umana». Non so fino a quando potrà durare questa dicotomia politico-culturale tra Presidenza della Repubblica e Governo della Repubblica. La maggioranza dei cittadini si ritrova nelle posizioni di Mattarella? Non lo so, ma certamente non ha il coraggio di schierarsi e di ammettere che occorre cambiare musica.

Durante il papato di Ratzinger, il cardinal Martini, che in conclave sembra ne avesse ingoiato l’elezione pur di garantire, a certe minime condizioni, l’unità della Chiesa, quando si accorgeva che il Vaticano tendeva a “pisciare fuori dal buco”, interveniva liberamente e pubblicamente, interpretando il ruolo di episodico antipapa, non per questo meno ascoltato ed influente almeno sulle coscienze. Vedo una paradossale analogia fra Martini e Mattarella: anche quest’ultimo, in ossequio al dettato costituzionale ed alla volontà dei cittadini, ha ingoiato elegantemente e correttamente la formazione di un governo dalla facile “pisciata fuori dal buco”. E allora quando si accorge di ciò, che si verifica un giorno sì e l’altro pure, alza autorevolmente la sua voce, nei dovuti modi e toni, per influire almeno sulle coscienze degli italiani, richiamandoli ai valori fondamentali della nostra Repubblica.

In Vaticano dopo Ratzinger è arrivato Bergoglio, per certi versi un convinto e convincente seguace di Martini, complice, per chi ci crede, l’intervento dello Spirito Santo. È cambiata la musica! Nella politica italiana non so quanto possa influire pesantemente la terza persona della Santissima Trinità. Non vedo come e quando si possa invertire questa sciagurata tendenza alla chiusura della politica nella dimensione egoistica. Non mi accorgo di un Bergoglio  in attesa di scendere in campo: d’altra parte papa Francesco è spuntato all’improvviso, quindi la speranza è l’ultima a morire.

Vedo comunque con piacere che Sergio Mattarella non demorde. Qualche buontempone potrebbe chiedersi: ma chi comanda in Italia? Spero che sulle coscienze “comandi” il Quirinale, mentre magari nelle urne peserà Palazzo Chigi. Alla lunga, di questo sono certo, prevarranno le coscienze democratiche e ci accorgeremo di quanta importanza abbia avuto l’azione di questo uomo mite, saggio, buono ed amico (sono le parole usate da Paolo VI per Aldo Moro di cui peraltro Mattarella era un seguace).