Le fogne a cielo aperto

In questi giorni a Parma si è riaperto il dibattitto sul forno inceneritore dei rifiuti situato a Ugozzolo ed in predicato di essere ampliato e potenziato: sono riemerse sacrosante contrarietà e perplessità motivate soprattutto dal rispetto della vocazione agro-alimentare del nostro territorio, che verrebbe ulteriormente violata (forse, almeno in parte, lo è già stata) dalla demenziale localizzazione di una struttura, che brucia, seppure con le dovute cautele(?), il “rudo” nostrano e di importazione. È come mettere un water in piena cucina, magari con l’attenuante di installarvi un aspiratore che purifica l’aria. Ma andate a metterlo in un altro posto!

C’è l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, dell’ambiente in senso lato, del territorio, ma c’è anche quello delle coscienze, della storia, dei valori fondamentali, della democrazia. Un tempo durante le manifestazioni promosse dalla sinistra si urlava: “Fascisti carogne, tornate nelle fogne!!!”. Non mi piacevano e non mi piacciono questi toni violenti. Se però non li ammetto sul fronte antifascista, immaginiamoci se posso sopportarli sull’altro fronte, quello della rivalutazione (a)storica del fascismo e financo del nazismo. In questa materia sono intransigente. Innanzitutto in quanto l’antifascismo era parte integrante e fondamentale della vita della mia famiglia, di mio padre in particolare, a livello etico, culturale, storico, esperienziale, umano prima che politico. Su questo non si poteva discutere: quando mia madre timidamente osava affermare che però Mussolini aveva fatto anche qualcosa di buono, mio padre non negava, ma riportava il male alla radice e quando la radice è malata c’è poco da fare. In secondo luogo perché resistenza (nel cuore e  nel cervello), costituzione (alla mano), repubblica (nell’urna) impongono una scelta di campo imprescindibile e indiscutibile: sull’antifascismo non si può scherzare anche se qualcuno tra revisionismo, autocritiche, pacificazione, colpi di spugna rischia grosso, finendo col promuovere il discorso di chi vuole voltare pagina, non capendo che coi vuoti di memoria occorre stare molto e poi molto attenti e che (come direbbe mio padre) “in do s’ ghé ste a s’ ghe pól tornär“.

Benissimo ha fatto la senatrice a vita Liliana Segre (incarna umanamente, storicamente e politicamente l’avversione ad ogni e qualsiasi rigurgito fascista o fascisteggiante) a porre un’interrogazione urgente al ministro dell’Interno; Matteo Salvini, al fine di ottenere la revoca delle autorizzazioni concesse per lo svolgimento della “Festa del sole”, manifestazione organizzata dall’associazione “Lealtà e azione”, una delle tante sigle (se ne sta perdendo il conto) dietro cui cova razzismo, xenofobia, apologia del fascismo e del nazismo.  Queste feste partono con la scusa di dare espressione alla libertà di pensiero e finiscono col turbare le coscienze, soprattutto quelle giovanili, ma non solo. Non è goliardia, non si tratta di quattro imbecilli che sfogano i loro complessi di inferiorità, non è folklore, non è ribellismo giovanile.

Non ho idea cosa deciderà di fare l’attuale ministro: non voglio pensare male. Però, lasciatemelo scrivere, quanta tolleranza verso queste vomitevoli iniziative pseudo-politiche, soprattutto se paragonata alla violenza pazzesca con cui le forze dell’ordine sono intervenute più volte contro i dimostranti anti-global e c. L’idea dei due pesi e delle due misure non mi ha mai abbandonato. Con le arie che tirano i timori sono aumentati. L’iniziativa così tempestiva e pulita di Liliana Segre mi ha aperto il cuore e la ringrazio. Ha perfettamente ragione: la guardia non deve essere mai abbassata. Certo l’antifascismo non deve essere un paravento dietro cui nascondere il marcio della democrazia, ma un baluardo insuperabile per la difesa della democrazia. Don Andrea Gallo diceva: «Non mi curo di certe sottigliezze dogmatiche perché mi importa solo una cosa: che Dio sia antifascista!».