L’avanspettacolo: “così è (se vi pare)”

Il teatro di avanspettacolo è un genere comico sviluppatosi in Italia tra gli anni trenta e gli anni cinquanta. Derivò da una abbreviazione dello spettacolo di varietà in modo da intrattenere il pubblico in sala in attesa della proiezione del film. Era considerato un genere teatrale minore prevalentemente comico. Più avanti nel tempo, tra gli anni sessanta e settanta, l’avanspettacolo variò dai numeri comici agli spogliarelli, preludio di film pornografici o erotici. A volte i termini si invertivano ed era il film pornografico a “scaldare” il pubblico in vista dell’avanspettacolo il cui piatto forte erano appunto gli spogliarelli più o meno integrali. In realtà l’avanspettacolo fu trampolino di lancio per molti noti attori teatrali e cinematografici italiani.

Quando penso al movimento cinque stelle mi viene spontaneo considerarlo come una sorta di avanspettacolo della politica, non solo perché il suo fondatore, Beppe Grillo, è un attore comico (per la verità non da avanspettacolo), ma in quanto sostanzialmente finalizzato a coprire una pausa del teatro ufficiale della politica, dovuta a tanti fattori, in vista di una prossima ripresa: della serie “scherziamoci sopra un po’ e poi vedremo di tornare a parlare di cose serie”. Il pubblico ha abboccato, si è adattato e si sta accontentando dell’avanspettacolo grillino, della parodia e, quando e se qualche attore navigato si affaccia al proscenio, lascia partite immediatamente i “buh” di scherno. Prima o poi forse questa menata andrà a finire, a meno che il teatro non venga ripensato, ristrutturato e diventi capace di ospitare solo l’avanspettacolo. È quanto i fondatori del M5S stanno vagheggiando con la prospettiva del passaggio dalla democrazia rappresentativa, tramite la fine del Parlamento, ad avveniristici strumenti di democrazia diretta realizzata sul web. Così Davide Casaleggio: fondatore, ideologo, proprietario, gestore del M5S, una sorta di prezzemolo pentastellato, che insaporisce i piatti cucinati dal movimento (meglio dire dalla cucina casaleggiana). Così Beppe Grillo: attore/interprete, ultimamente piuttosto riluttante ma comunque piccante, che spara le sue battute fino ad arrivare ad ipotizzare, tra il serio e il faceto, la scelta dei rappresentanti del popolo tramite sorteggio.

Quelli che dovrebbero essere i tradizionali interpreti della politica vera si stanno incartando nella questione se introdursi, furtivamente, opportunisticamente e strumentalmente, nella compagnia di avanspettacolo oppure aspettare che il pubblico si stanchi e cominci a rivalutare lo spettacolo principale, preparandosi a ritornare in scena con testi ed attori nuovi. La Lega si è buttata, seppure concorrenzialmente, sul palcoscenico senza farsi tanti scrupoli e problemi: ha messo in campo i suoi comici, le sue gag, le sue storielle, e cerca di conquistare visibilità e interesse in un pubblico ingozzato da patatine e popcorn.

Gli altri rottami del centro-destra si sono sdegnosamente ritirati nei loro camerini in attesa che il pubblico si stufi, che la compagnia di giro si laceri, che partano i fischi dagli spettatori più esigenti, che inizi la fila di chi esige il rimborso del biglietto per inganno post-elettorale conclamato. Si allenano, recitando il copione berlusconiano dei personaggi in cerca d’autore. “Noi sì che sapevamo incantare il pubblico facendogli credere di essere alla Scala di Milano”, mentre in realtà era seduto nel più scomodo ed assurdo loggione italiano e mondiale.

Arriviamo alla compagnia teatrale più titolata e criticata: il partito democratico. Non si sa decidere se tentare un approccio da avanspettacolo, operando un blitz sulla scena, riuscendo magari ad insinuarsi e spaccare la compagnia attualmente recitante a soggetto, per poi tornare dal di dentro a bazzicare il vero teatro con qualche intento egemonico; oppure stare fuori dal teatrino, fomentare lo scontento del pubblico, proporre una stagione nuova di zecca, prepararsi ad una rentrée di livello. Se consideriamo l’avanspettacolo grillino una triste parentesi nella storia teatrale della politica italiana, varrebbe la pena aspettare; diversamente bisognerebbe tentare in qualche modo di calcare immediatamente la scena con tutti i rischi del caso. La cosa peggiore è restare nell’incertezza, spettegolare in continuazione, logorarsi nel dubbio, non scegliere ed aspettare che qualcuno ti venga a cercare. Ai personaggi berlusconiani in cerca d’autore, rispondono i personaggi piddini schiavi del “Così è se vi pare”. Mi sembra che il PD stia cadendo in questa trappola. O mi sbaglio?!