La demenziale ronaldite acuta

Mio padre, così come era obiettivo e comprensivo, sapeva anche essere intransigente verso il mondo del calcio: non ammetteva le scorrettezze del pubblico, ma anche dei giocatori. Soprattutto pretendeva molto dai grandi campioni superpagati, arrivava alla paradossale esigenza del goal ad ogni tiro in porta per un fuoriclasse come Zico (col da la ghirlanda), incoronato re di Udine al suo arrivo nella città friulana: cose da pazzi! Ma non solo con Zico anche con altri cosiddetti fuoriclasse: mio padre non accettava gli ingaggi miliardari, ne avvertiva l’assurdità prima dell’ingiustizia, faceva finta di scandalizzarsi, ma in realtà coglieva le congenite contraddizioni di un sistema sbagliato.

Con l’affaire Cristiano Ronaldo-Juventus, che sta oscurando persino la fase finale del campionato mondiale, avrebbe pane per i suoi denti: 100 milioni al Real Madrid; 12 milioni a Jorge Mendes, procuratore di Ronaldo; 30 milioni netti all’anno per quattro anni al giocatore. Dati astronomici e paradossali che si commentano da soli. Il più sconvolgente però riguarda la provvigione dell’intermediario, che in proporzione guadagna ben più di Ronaldo e mangia addosso alle società calcistiche. Quando osservo questi accadimenti, mi chiedo: le società calcistiche non potrebbero trovare qualche accordo per calmierare e ripulire il mercato. Poi subito mi ricredo: a loro, tutto sommato, sta bene così, perché, a toccarlo appena, il castello potrebbe anche crollare e sarebbe un disastro per troppi soggetti invischiati nel sistema. Mia madre, di fronte alla sarabanda del fenomeno calcio, si chiedeva cosa avrebbero fatto professionalmente tutte queste persone, se improvvisamente si fosse interrotto il circo: si riferiva non solo ai giocatori, ma a tutto il parassitario esercito pallonaro.

Il discorso riferito al sistema calcio può essere peraltro allargato a tutto il sistema in generale. E capisco mio padre: non era capace, per sua stessa ammissione, di farsi pagare per il giusto, non osava farsi dare del “lei” dai garzoni, aveva uno spiccato senso del dovere e non concepiva, nella sua semplicità di vita, questi lauti ed enormi guadagni. Sogghignava di fronte agli scandalosi ingaggi: “Mo co’ nin farani äd tutt chi sòld li, magnarani tri galètt al di?”.  Scherzi a parte mio padre era portatore di un’etica del dovere, del servizio e reagiva, alla sua maniera, alle incongruenze clamorose della società.

“Se a vundoz muradór igh disson i sold chi dan ai zugadór äd fotbal i vensrisson tutti il partidi anca colli contra i squadrón”, commentava di fronte alle inique disuguaglianze sociali del mondo. Amava mettere a confronto il fanatismo delle folle di fronte ai divi dello sport e dello spettacolo con l’indifferenza o, peggio, l’irrisione verso uomini di scienza o di cultura. Oggi direbbe: “Se a Turen a véna Ronaldo i corron tutti, i s’ mason par piciärog il man, sa ven a Turen Fleming i gh’ scorèzon adrè”. Ricordo quando un mio cugino, persona semplice ma arguta, ipotizzava un’astronomica parcella per il chirurgo che doveva operare ad un ginocchio un miliardario divo del pallone. Diceva: «Se questo calciatore guadagna tanto, solo perché è capace di dare un calcio ad un pallone, cosa dovrebbe guadagnare un luminare della chirurgia capace di sistemargli il menisco…».

Di fronte a Cristiano Ronaldo, personaggio oltre tutto abbastanza antipatico nella sua sciocca sipponenza pallonara, ed al suo trasferimento a tempo pieno in Italia, come si noterà preferisco buttarla in ridere, con un fondo di insopprimibile amarezza: abbiamo in questo periodo già tanti clown sulla scena del nostro Paese da poter tranquillamente fare a meno di questo giocoliere. Il circo però ha le sue leggi ed è uno spettacolo, che piace molto ai bambini. “Coi fanciulli e coi dementi spesso giova il simular”.