Il sovranismo dei ladri di Pisa

Si fa un gran parlare, a livello mondiale (teorizzazione di Steve Bannon, stratega del presidente Donald Trump), europeo (stati ex-comunisti del patto di Visegràd: Paesi dell’Europa centrale, Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), italiano (seppure in modi e misure diverse, Lega e M5S), di sovranismo, vale a dire di una forma elegante, riveduta e scorretta, del nazionalismo, che tante sciagure ha comportato nei secoli. Il “sovranismo”, dal francese souverainisme, secondo la definizione che ne dà la enciclopedia Larousse, è una dottrina politica che sostiene la preservazione o la riacquisizione della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in contrapposizione alle istanze e alle politiche delle organizzazioni internazionali e sovranazionali.

In un certo senso è la risposta in negativo alla globalizzazione, ma soprattutto ai processi di integrazione fra i diversi Stati: una sorta di Penelope, che distrugge quanto con fatica si è costruito in funzione di una collaborazione fra i popoli. All’insegna del “prima noi e poi loro” si stanno mettendo in atto politiche, che puntano alla messa in discussione di un modo di concepire i rapporti internazionali. L’attuale governo italiano, da una parte strizza l’occhio a Putin, il miglior fico del bigoncio sovranista, dall’altra guarda a Trump, il “matto delle giuncaie” internazionali, dall’altra ancora si avvicina agli scriteriati Paesi dal “muro facile”, quelli che dalla padella del comunismo stanno appunto scivolando nella brace del sovranismo.

Qualcuno sta vagheggiando la nascita di una vera e propria “internazionale sovranista”, che dovrebbe raggruppare, in una strana alleanza, quanti vogliono riportare indietro le lancette dell’orologio mondiale. Di questa armata Brancaleone farebbero parte Paesi ricchi (Usa e Russia), Paesi poveri (i quattro Paesi europei di cui sopra), l’Italia antieuropea od euroscettica, i movimenti politici presenti nei Paesi occidentali impegnati, con la scusa della difesa dall’immigrazione strisciante, a chiudere gli stati in una logica egoistica e settaria. L’espressione “internazionale sovranista” è una contraddizione in termini, un ossimoro bello e buono, vale a dire un’espressione che accosta due termini di senso contrario o comunque in forte antitesi tra loro. Gli esempi più calzanti mi sembrano: disgustoso piacere e lucida follia.

Mio padre si divertiva a contrapporre due proverbi in forte contraddizione fra di loro: “l’unione fa la forza” e “chi fa da sé fa per tre”. Oltre e dopo essere in aperta e preoccupante discontinuità con gli sforzi per una coesistenza pacifica, i sovranisti sono in aperta contraddizione con se stessi dal momento che intendono unirsi con chi non si vuole unire, vogliono collaborare con chi si chiude a riccio, vogliono fare l’Europa con chi vuole distruggerla dall’interno e dall’esterno. Ebbene, Salvini e Di Maio si sono andati a ficcare in questo tunnel senza vie d’uscita, dimenticando persino come i potenziali partner sovranisti siano proprio quei Paesi che non intendono, nel modo più assoluto, farsi carico degli immigrati, lasciandoli quindi sul groppone dell’Italia e dei Paesi di primo ingresso. Lo si è visto anche all’ultimo Consiglio europeo: da una parte l’Italia insisteva per europeizzare il problema migranti, dall’altra i sovranisti, che si ritraevano sdegnosamente dietro i loro muri ideologici e pratici. Sembrava una gag sui “ladri di Pisa”, coloro che sono inseparabili, nonostante le liti e i diverbi continui.

Se questa è la novità nella strategia internazionale dell’Italia, siamo messi molto male. Trump e Putin possono anche permettersi il lusso di puntare al sovranismo sulla pelle altrui, (ne hanno, purtroppo, la possibilità), di divertirsi a distruggere l’Europa (per farla a fette come una torta da spartire), gli Ungheresi e c. possono  giocare al “tanto peggio tanto meglio” o, al limite, al “dove si è stati ci si può anche tornare”. L’Italia invece, se si chiude in casa, è perduta, non è né carne né pesce: diventa il buffone della corte europea, il Rigoletto della UE, laddove “si disonorano gli italiani e se ne ride”.