I rai scolorati della Rai

“Tanto tuonò che non piovve”, nel senso che il nuovo presidente della Rai si profila come una espressione innovativa all’insegna della più solita delle faziosità politiche, oppure, se vogliamo, “tanto tuono che piovve” nel senso che il vertice Rai si prefigura come la più coerente delle operazioni di puro potere a livello mediatico.

Vorrei però partire da tre concetti. Cos’è la neutralità? È la condizione o l’atteggiamento del non prendere posizione in favore di alcuna delle parti coinvolte in una situazione di controversia o contrapposizione. E l’agnosticismo? È il disinteressa verso ogni genere di problemi umani. E l’obiettività? È l’atteggiamento privo di personalismi e particolarismi nel formulare un giudizio e nel comportamento che ne deriva. Perché questa digressione lessicale: spesso si fa una strumentale confusione tra questi concetti, scambiando l’obiettività col divieto a esprimere propri giudizi o addirittura con il distacco totale dalla realtà. Conclusione l’obiettività non esiste e quindi mano libera alla faziosità. Mi sembra il percorso sottostante alla candidatura di Marcello Foa alla presidenza della Rai.

Questo illustre signore sul piano politico non esita ad esprimere uno spassionato atto di fiducia nel governo Lega-5 Stelle (alla faccia della Rai indipendente dal potere esecutivo e dai partiti). Sui diritti civili si esprime così: «Difendo i diritti dei gay, ma mi oppongo alle strumentalizzazioni LGBT il cui scopo non è di proteggere una minoranza perseguitata, ma di strumentalizzare questo tema, in sé delicatissimo e intimo, per promuovere un’operazione di ingegneria sociale. È un’operazione subdola volta a sradicare quel che resta della nostra identità e generare totale confusione valoriale» (simili retrograde opinioni non le leggevo o ascoltavo da tempo).

Sull’Euro Marcello Foa sostiene che il governatore della Bce, Mario Draghi, continua a descrivere come paradisiaca una realtà che invece appare disperata (siamo ben oltre l’euroscetticismo). In materia di sovranismo il futuro presidente Rai la pensa così: «I sovranisti avevano ragione e non c’è insulto che riuscirà a fermarci, per una ragione tanto semplice quanto inaspettata: gli elettori stanno distruggendo, scheda dopo scheda, quel contratto neoglobalista e transnazionale, che anni di incessante propaganda hanno tentato di trasformare in un Destino ineludibile (più trumpista di Trump).

Non si è salvato nemmeno il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, verso il cui discorso Foa ha espresso disgusto: si trattava delle esemplari dichiarazioni fatte dal Capo dello Stato in occasione del passaggio più delicato nell’impasse sulla formazione del nuovo governo. Foa ha twittato: «Il senso del discorso di Mattarella è questo: io rispondo agli operatori economici e all’Unione Europea, non ai cittadini» (semplicemente pazzesco!).

Il Presidente della Repubblica intrattenendosi con i giornalisti, che gli regalano il tradizionale ventaglio, li mette in guardia: «L’abbondanza informativa offerta dal web è preziosa, ma occorre evitare gli usi distorti, talvolta allarmanti, astiosi dell’introduzione di semi che alimentano preconcetta ostilità. Sta a chi opera nella politica e nel giornalismo non frasi contagiare da questo virus, ma contrastarli». A questo invito Foa risponde indirettamente con ragionamenti populisti riconducibili a quelli di cui sopra.

Conclusione: se Beppe Grillo ci vuol far credere di cambiare l’Italia mettendo in campo, in settori chiave, personaggi come questo Marcello Foa, non è lontano da chi vuol dare ad intendere che Cristo è morto di freddo ai piedi. Buon lavoro comunque al nuovo presidente Rai: possa avere nel suo comportamento un rigurgito di obiettività, che non vuol dire rinunciare alle proprie idee, ma mettere i fatti davanti alle proprie convinzioni. Buona visione Rai ai telespettatori: possano restare indenni dai virus della faziosità e del pregiudizio. Buona riapertura di occhi a chi continua a vedere il nuovo laddove c’è il peggio del vecchio.