Draghi snobba i draghi

Mia madre ammirava molto le persone riservate, equilibrate, poco loquaci e che sapevano fare bene il loro mestiere. Può essere l’identikit di Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea. È stato perfettamente in linea col suo stile, quando, in questi giorni, in audizione al Parlamento europeo, ha detto con grande flemma e diplomazia: «Aspettiamo i fatti». Ha ostentato prudenza, al limite dello scetticismo, di fronte all’annuncio che l’Italia intende chiedere alla UE deroghe sostanziali in sfida alle regole sui conti pubblici. Ha gettato anche acqua sul fuoco dei timori che la fine del “quantitative easing” possa avere un impatto pesante su un Paese ad alto debito come l’Italia.

Draghi, rispondendo ad una domanda rivoltagli da un parlamentare del Ppe, ha affermato: «Dobbiamo vedere i fatti prima di esprimere un giudizio, i test saranno i fatti, finora ci sono state le parole e le parole sono cambiate (n.d.r: probabile riferimento alla sterzata data dai partiti della maggioranza a proposito della permanenza dell’Italia nell’euro)». Ha scattato una fotografia implacabilmente nitida della parolaia e contraddittoria linea governativa in materia economica e sul tema dei rapporti con l’Unione europea (e non solo…). Probabilmente pensa che le velleitarie intenzioni provocatorie e polemiche si sgonfieranno di fronte ai dati di bilancio, ai parametri, ai documenti ufficiali ed al giudizio degli organi tecnici di Bruxelles. Un conto è infatti parlare di morte ed un conto è morire.

Mio padre sarebbe oltremodo d’accordo ed aggiungerebbe: “Sì. I pàron coi che all’ostaria con un pcon ad gess in sima la tavla i metton a post tutt; po set ve a vedor a ca’ sova i n’en gnan bon ed far un o con un bicer…”. In effetti ci sta molto bene anche la similitudine con l’osteria. Ritornando a Draghi, ha detto niente, ma ha detto tutto. Ci ha aiutato non poco, nel modo giusto, con correttezza e competenza. Speriamo di non scialacquare il tesoretto con quattro cazzate salviniane sparate alla viva il parroco. Sì, perché Draghi aspetta i fatti, ma altri attendono il primo serio svarione italiano per retrocederci in serie b. Non è infatti vero che la Comunità europea ci abbia trattato a pesci in faccia: abbiamo ottenuto aiuti, che spesso non siamo nemmeno riusciti ad utilizzare, abbiamo potuto contare su un occhio di riguardo verso il nostro Paese ed il suo ruolo, ci siamo seduti a pieno titolo ai tavoli che contano. Può darsi che attorno a quei tavoli siano stati raggiunti compromessi non sempre soddisfacenti e lineari. Vedremo cosa succederà di qui in avanti.

Il loggione di Parma ogni tanto ruggiva: il famosissimo e simpatico critico Rodolfo Celletti ammetteva di godere, sotto sotto, allorquando i parmigiani spazzolavano qualche mostro sacro del bel canto. Però aggiungeva: «Ho la sensazione che a voi parmigiani piacciano un po’ troppo gli acuti sparati alla viva il parroco…». L’elettorato italiano è seduto in loggione e si sta divertendo a dissacrare il passato remoto e recente. Sempre di più sembra calzante l’aneddoto che tutti conoscono: il baritono venne accolto da urla e fischi e, rivolgendosi al pubblico, lo pregò ironicamente di pazientare ed attendere l’esibizione del tenore. Fischiate me? Sentirete il tenore! Nel caso dei governanti italiani usciti con le ossa rotte dalle recenti prove elettorali, si potrebbe dire: «Fischiate noi? Occhio ai nuovi protagonisti della scena italiana ed europea! Loro sì che sanno fare i bilanci alla viva il parroco!».