Smemorati e inutili pugni sul tavolo

Sono sempre stato piuttosto attento alle vicende politiche internazionali e sinceramente non ricordo un periodo così confuso e incerto come quello attuale. Non sono un nostalgico del mondo diviso in due blocchi, non rimpiango certo la guerra fredda, non provo malinconia per i tempi in cui il terzo mondo era schiacciato, sfruttato e compresso dai potenti. Tuttavia tra la pace dei sepolcri e la guerra diplomatica continua senza capo né coda non saprei cosa scegliere.

Sono saltate o vengono messe in discussione le alleanze tradizionali, si sono invertiti i ruoli, gli scenari cambiano in continuazione, la variabili tendono ad impazzire, la globalizzazione ha rimescolato le carte, il comunismo è finito con uno strascico di macerie che forse non finiranno mai, l’islamismo con il suo terrorismo si insinua nelle democrazie occidentali, i fenomeni migratori sconvolgono gli ingiusti equilibri di comodo, i personaggi che dominano la scena non hanno carisma e arrancano alla disperata ricerca di un consenso gestito senza prospettive, ma radicalizzato nelle paure e negli egoismi, le democrazie occidentali fanno fatica a tenere il passo e sono nettamente in difficoltà nel fronteggiare le spinte populiste e sovraniste, emergono rigurgiti razzisti e fascisti, l’Unione Europea appare sfilacciata al proprio interno e debole all’esterno.

In mezzo a questo bailamme il nostro Paese ha iniziato una rischiosissima navigazione a vista: in un mare tempestoso, pieno di scogli e insidie, ci illudiamo di fare i furbi con manovre di piccolo cabotaggio. Alziamo continuamente la voce in Europa, non rendendoci conto dell’estrema debolezza economica e politica dell’Italia: abbiamo una situazione pesantissima dei conti pubblici, soffriamo problemi sociali rilevanti riconducibili soprattutto alla disoccupazione, siamo fortemente esposti sul fronte immigrazione, continuiamo ad avere la palla al piede di un meridione che non riesce a decollare, la nostra economia fatica ad agganciare la ripresa in atto. Quando si è deboli non serve battere i pugni sul tavolo, occorre umiltà, pazienza e coerenza.

Il ministro dell’agricoltura Giovanni Marcora negli anni settanta del secolo scorso non andava in Europa a fare il turista, era capace di difendere, anche duramente, gli interessi dell’agricoltura italiana, ma non ha mai sbandato come stanno facendo i ministri dell’attuale governo. La Ue va rifondata e rilanciata non affossata rincorrendo assurde alleanze tattiche o lanciando ridicoli ultimatum. I trattati non stanno certo funzionando al meglio, vanno riformati, ma non con piglio disfattista bensì con pazienza costruttiva. Stiamo ben attenti a non esagerare come fanno i cani piccoli verso i loro simili ben più dotati. Non vorrei che qualche cane grosso si stancasse e cominciasse a presentarci certi conti salati e ad esigere l’apertura dei nostri armadi dove sono racchiusi probabili scheletri. È pur vero che l’Europa ha bisogno di noi, ma penso sia ancor più vero il contrario. Gli italiani sembrano soddisfatti dell’indirizzo bullista del governo Conte non capendo che si tratta di atteggiamenti che possono anche pagare nel brevissimo termine, ma non creano nulla, anzi sono controproducenti sul piano strategico. Il discorso vale per i rapporti intra-europei e per quelli extra-europei. Non sono d’accordo con chi ritiene i governi precedenti un coacervo di pecoroni succubi di Germania e Francia: l’Italia ha sempre avuto una sua dignità ed ha ottenuto aiuto e solidarietà non con l’arroganza e la presunzione, ma con atteggiamenti dialoganti e collaborativi.

Mi sono preso la briga di inventariare i ministri degli esteri succedutisi alla Farnesina dal dopoguerra ad oggi. Si tratta di un lungo elenco che intendo proporre: Carlo Sforza, Alcide De Gasperi, Giuseppe Pella, Gaetano Martino, Attilio Piccioni, Antonio Segni, Amintore Fanfani, Giuseppe Saragat, Aldo Moro, Pietro Nenni, Giuseppe Medici, Mariano Rumor, Arnaldo Forlani, Emilio Colombo, Franco Maria Malfatti, Giulio Andreotti, Gianni De Michelis, Beniamino Andreatta, Vincenzo Scotti, Susanna Agnelli, Antonio Martino, Lamberto Dini, Gianfranco Fini, Renato Ruggiero, Massimo D’Alema, Franco Frattini, Giulio Terzi di Sant’Agata, Emma Bonino, Federica Mogherini, Paolo Gentiloni, Angelino Alfano. Vista la presunzione, la protervia e la superbia con cui si stanno atteggiando gli attuali governanti italiani – mi riferisco soprattutto a Matteo Salvini e Luigi Di Maio (sarebbe opportuno che il ministro degli Esteri e il presidente del consiglio avessero uno scatto di reni e un acuto di dignità) – sembrerebbe che i loro predecessori fossero tutti stupidi o insipidi. Prescindendo volutamente dalle loro appartenenze partitiche, non mi sembra proprio. Forse sarebbe il caso di mettersi a studiare la storia e di cercare di imparare.