Si Salvini chi può

Si sta fortunatamente dissolvendo la nebbia mediatica funzionale allo smarrimento elettorale del popolo italiano. Sono così clamorose le continue gaffe del nuovo governo da imporre un rigurgito di spirito critico ai commentatori politici fino ad ora piuttosto appiattiti nell’attesa del Godot governativo. I difensori d’ufficio, ben lontani dal gettare la spugna, la buttano sul pietismo filo dimaiano e salviniano nonché sul perbenismo filo contiano.

L’ondata critica infatti sarebbe frutto di pregiudizi antigrillini ed antileghisti, non concederebbe ai nuovi arrivati nemmeno il tempo di sedersi sulle poltrone appena conquistate, cadrebbe nella trappola nostalgica verso i precedenti governi. Tradotto in linguaggio da bar, chi osa parlar male della mamma grillo-leghista dovrebbe pulirsi la bocca; chi dimostra un’impazienza, giudicata impertinente e faziosa, viene tacitato con la comoda istanza del “lasciateli lavorare”; chi rivolge critiche alle prime scelte del governo viene tranquillizzato con un pressapochistico e qualunquistico “peggio di quanto hanno fatto i predecessori non potranno fare”.

Riprendo la similitudine ripetutamente adottata: se, dopo aver conferito in appalto la ristrutturazione di un fabbricato sulla base di un contratto un po’ confuso, il committente si accorge che l’esecutore delle opere rischia immediatamente di buttare all’aria tutto senza un minimo di costrutto e di lucidità progettuale, non lascerà andare tutto in malora, ma interverrà immediatamente per contestare la violazione del capitolato prima che sia troppo tardi. Al di là di alcune normali esagerazioni dialettiche, peraltro in perfetto stile populista, vale a dire usando lo stesso linguaggio che per anni i “signornò” hanno adottato nei confronti di chi governava e financo di chi capeggiava lo Stato (della serie “chi la fa l’aspetti”), mi sembra che la critica levata di scudi della stampa a livello internazionale e nazionale non possa essere liquidata come una reazione meramente strumentale al tentativo del cambiamento.

Stanno succedendo cose dell’altro mondo. Un ministro dell’interno che crea un incidente diplomatico al giorno, che spara a vanvera, che chiacchiera nei bar leghisti, che gira a vuoto come una trottola. Un ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico che promette tutto e il suo esatto contrario. Un Presidente del Consiglio che brancola nel buio del Parlamento prima e del G7 poi, facendo il pendolare fra Istituzioni e popolo, fra Usa e Ue, fra Occidente e Russia, fra promesse impossibili e rassicurazioni incredibili.

Di fronte a questa vergognosa dimostrazione di incapacità ed impreparazione bisognerebbe tacere e aspettare? Aspettare cosa? Che questi signori, in nome del popolo italiano, ci portino tutti alla rovina, tanto, peggio di così non può andare? L’Italia, pur tra errori, ritardi e inadempienze, ha progredito, è diventata un importante paese industriale, non è un paese sottosviluppato. Le scelte storiche di fondo le ha sapute fare e le ha azzeccato: la scelta dell’Occidente, della Nato, dell’Europa Unita, della promozione del benessere sociale, della conquista dei diritti civili, del decentramento regionale, della difesa delle autonomie locali, della fedeltà alla Costituzione, del rapporto solidale con le altre nazioni.  I governanti del cambiamento stanno attaccando alcune di queste fondamenta e non possiamo far finta di niente.

Mio padre era solito raccontare un episodio che gli era rimasto molto impresso. Un giocatore di calcio di fronte ad un arbitro, che ne stava combinando di tutti i colori, non protestò clamorosamente, ma gli si avvicinò porgendogli una paradossale domanda: «Scusi tanto, ma lei è venuto qui ad arbitrare mandato dalla federazione oppure di sua spontanea iniziativa?». Ebbe una squalifica molto pesante, ma si tolse una bella soddisfazione. Se fosse possibile, nei confronti del presidente Conte e dei ministri Di Maio e Salvini (mi limiterei a loro in quanto punte di diamante del nuovo governo giallo-verde), userei una simile domanda: «Chi vi ha messo al governo? Il presidente della Repubblica sulla scorta dei risultati elettorali o vi siete trovati vostro malgrado a passare davanti a Palazzo Chigi e vi hanno temerariamente ed ingenuamente fatto entrare?».  Sono vittima anch’io di pregiudizi? Può darsi, ma esistono anche i sani pregiudizi.