La pattona dell’egoismo

La coda elettorale relativa alle consultazioni amministrative con i relativi ballottaggi ha chiarito che il vero vincitore numerico e politico delle urne 2018 è la Lega. Il movimento cinque stelle deve abbassare la cresta e rassegnarsi al ruolo di sgabello di lusso per i piedi salviniani. I partner del centro-destra fanno tenerezza nel loro tentativo di accreditarsi una vittoria che rischia di segnare la loro fine. Il partito democratico continua una debacle di proporzioni e significati allarmanti.

Non è il caso di rispolverare “il destino cinico e baro” di saragattiana memoria, ma l’indirizzo politico imboccato dagli italiani ha qualcosa di inspiegabile e irrazionale. Non sono sicuro sia un voto dato solo sulle ali della paura (dell’immigrato, della delinquenza, del futuro, dell’Europa, degli Usa, un po’ di tutto). Temo sia la tardiva, riveduta e scorretta mela avvelenata del berlusconismo: garantiteci lo spazio per i nostri interessi, al resto ci pensiamo noi. Una sorta di riforma costituzionale: “l’Italia è una Repubblica fondata sul fare i cazzi propri”. Se è così bisogna ricominciare tutto daccapo. Forse è nata veramente la seconda repubblica e occorre una seconda resistenza.

L’opposizione deve essere prima e più etica che politica. Bisogna partire dai valori di fondo, dalle “coscienze” dal punto di vista personale e dai “ballatoi” sul piano sociale. Riscoprire cioè il significato della propria vita in senso comunitario e ritesserne i rapporti interpersonali. È inutile infatti discutere di immigrazione, se partiamo dall’idea che ognuno deve stare a casa propria curando i propri interessi. Non ci salteremo mai fuori e prevarrà comunque chi si muove politicamente nel pantano dell’egoismo e del razzismo.   È assurdo parlare di Europa quando ci si vuole barricare in casa. Già il quartiere è un’istituzione a rischio, figuriamoci l’Unione Europea. È pittoresco pensare alle tasse: paghiamo un minimo uguale per tutti, per il resto ognuno si arrangi come può. Non continuo perché mi viene il “magone”.

Una volta Renato, un caro e simpatico amico di mio padre, la fece grossa. Volle architettare una presa per i fondelli per tutti gli ospiti del palco al teatro Regio, che lui gestiva per conto di un gruppo di melomani danarosi e generosi, in particolare per le eleganti signore snob presenti ad una importante serata di gala. Comprò una pattona e la fece guarnire da un amico pasticciere in modo tale che sembrasse una perfetta e invitante torta inzuppata con tanto di crema e panna. Durante l’intervallo la scartò e nel retropalco la offrì ai presenti, che l’accolsero con esclamazioni di gradimento. La fece tagliare a fette da un chirurgo senza camice capitato nella serata sbagliata e cominciò a distribuirla su eleganti piattini con i relativi cucchiaini. Passarono pochi istanti, il tempo di assaggiare e si cominciò a sentire qualche signora che diceva all’amica: «Ma questa è pattona…». «Fammi assaggiare…, sì, questa è pattona…». Molti fecero finta di niente e mangiarono la pattona, altri la lasciarono nel piatto, chi conosceva bene Renato capì l’antifona e nel corridoio della quarta fila dei palchi si rise di gusto per tutta la serata…e anche per quelle successive.

La metafora è presto spiegata: Salvini è il Renato di turno; Berlusconi è l’amico pasticciere; Beppe Grillo è il chirurgo che fa a fette l’Italia; gli italiani sono le signore che accolgono con entusiasmo l’apparente torta di crema e panna. Ci vorrà del tempo per accorgersi dell’inganno (quanto non lo so), nel frattempo si mangerà pattona facendo finta che sia una torta prelibata. In pochi avranno il coraggio di lasciarla nel piatto, i più smagati capiranno lo scherzo e magari rideranno amaramente. “Ma questa è pattona”, dicevano le eleganti signore. “Ma questo è fascismo”, dico io che non sono affatto elegante.