La lupa perde il pelo, ma non il vizio

Durante il periodo degli anni settanta e ottanta del secolo scorso ho bazzicato parecchio la città di Roma per motivi professionali e per altri motivi. Mi stupivo dell’enorme quantità di manifesti, esposti sui muri della città, riconducibili all’allora movimento sociale, cosa piuttosto insolita in Emilia e, allora, anche in tutto il nord-Italia. Poi facevo un rapido ripasso storico e mi rendevo conto che il lupo perde il pelo, ma non il vizio: Roma era stata la sede del cosiddetto stato clerico-fascista e continuava a sentire le sirene incantatrici del nuovo fascismo. Ci sono state alcune parentesi, ma la storia è sostanzialmente continuata e prosegue tutt’oggi.

La proposta di intitolare una strada a Giorgio Almirante è stata approvata dal consiglio comunale romano con il voto favorevole dei cinque stelle e di altri, con la solita distratta sorpresa del Sindaco Virginia Raggi, che, come al solito, non c’era e se c’era dormiva. Penso sia nota a molti la gustosa barzelletta di quel Tizio che entra in farmacia per acquistare una confezione di profilattici. Molto imbarazzato sussurra appena la sua ordinazione. Il farmacista fa finta di non capire e chiede: «Mi ripeta per cortesia». Il distinto signore si vede costretto a ripetere a voce normale: «Vorrei una scatola di preservativi…». Ho capito dice il commesso ad alta voce: «Le prendo subito una scatola di preservativi». Vista però la presenza di molti clienti, preferisce rivolgersi al suo collega del retrobottega e con tono di voce piuttosto forte dice: «Portami per favore una scatola di preservativi per questo signore». Dopo qualche secondo arriva al bancone il secondo farmacista con i preservativi: «Ecco qua la scatola di preservativi che mi avete chiesto». Il povero cliente, dopo aver subito questa tortura psicologica, rosso di vergogna paga, ma prima di uscire ha un rigurgito di dignità e urla a tutti: «Se qualcuno non l’avesse ancora capito, io questa sera ho intenzione di “trombare”».

Se qualcuno non avesse ancora capito che Roma è una città fascista e che i suoi mali dipendono anche da questo fatto, ecco il fantasma di Almirante evocato a rinfrescare nostalgicamente una triste memoria. Faccio la parte del farmacista della barzelletta e chiedo ai romani: «Volete proprio intitolare una strada a Giorgio Almirante?». Mi rispondono con un sì deciso, senza alcuna vergogna di aver votato alcuni anni or sono per un sindaco neo-clerico-fascista, quel Gianni Alemanno che ne ha combinate di tutti i colori tendenti al nero,  orgogliosi di aver dato i natali alla patriottica leader dei Fratelli d’Italia, che muore dalla voglia di salire sul carro giallo-verde: lei opportunisticamente snobbata in Parlamento da questo governo, che l’ha sta colmando di soddisfazioni sul campo e  potrebbe tranquillamente aggiungere il nero alla bandiera del cambiamento.  Prendo atto.

Non capisco tuttavia simili distrazioni grilline. L’unica spiegazione plausibile sta nel fatto che i seguaci di Grillo, seguendo il verbo casaleggiano, vanno dietro la corrente per incassare i voti ovunque si annidino. Siccome l’aria che tira è di destra estrema (alla faccia di quanti continuano a pontificare sulla fine degli schemi), hanno probabilmente pensato di uscire allo scoperto e di rileggere la storia a loro modo (con tutto il rispetto per il defunto Giorgio Almirante, il quale meriterebbe di essere lasciato in pace). Parma si vantava di non aver mai consentito di prendere la parola pubblicamente a questo esponente missino. Ero in piazza Garibaldi quella volta che lo fecero scappare, aprendo i rubinetti del gas dell’ex Cobianchi. Come cambia il mondo! Oggi Roma, la capitale d’Italia lo vuole onorare e la sindaca Raggi, alle prese con altre varie ed articolate questioni imbarazzanti, rassicura che non se ne farà nulla, rispondendo anche alla comunità ebraica che aveva espresso il suo sdegno. Sembra effettivamente la vomitevole sbrigativa risposta al nobile recente intervento di Liliana Segre nell’aula del Senato. Tra le numerose grane, che stanno assillando e stringendo Virginia Raggi (alcune dovute anche al casino che ha regna nel  suo partito: non si comprende se la vogliono rovinare o difendere), questa effettivamente è la più piccola. Fino ad un certo punto…