La cellulite giallo-verde

Abbiamo trascorso tre mesi di ossessionante incertezza politica post-elettorale. Archiviato questo periodo, fitto di continue e paradossali incoerenze e fuorviato da un’attenzione mediatica fine a se stessa o faziosamente indirizzata a legare l’asino dove vuole il nuovo padrone, è cominciata l’era del governo del cosiddetto cambiamento e, se il buon giorno si vede dal mattino, tutto sembra orientare il dibattito alle sirene dimaiane e salviniane più che all’attenta osservazione del governo di Giuseppe Conte.

Sarà opportuno mettersi la cera nelle orecchie bombardate da slogan e da clamori mediatici per giudicare seriamente e spietatamente un’azione di governo nata all’insegna delle balle a cui dobbiamo concedere il poco posto che meritano. Forse sarà inutile anche continuare a ripetere il ritornello delle coperture e compatibilità finanziarie, peraltro assai problematiche al limite dell’impossibile, per allargare il giudizio al merito dei provvedimenti che verranno adottati.

Faccio alcuni esempi. I cambiamenti alla legge Fornero vanno visti solo dal punto di vista finanziario oppure vanno anche valutati nella loro portata socio-economica? Il reddito di cittadinanza è una misura sfonda-bilancio o è anche e prima di tutto una cavolata assistenzialistica perfettamente in linea con le tanto vituperate politiche del passato per il meridione? Le scelte in materia di immigrazione vanno esaminate alla luce del risparmio finanziario e della paura del diverso o vanno inquadrate in un discorso di carattere etico e internazionale, inserite in un’analisi di costi-benefici, in un processo evolutivo che integra il necessario e non si limita a respingere il superfluo?

Anche l’azione dell’unica opposizione credibile ed agibile, vale a dire il Partito Democratico, guidato, coeso, motivato e allargato, penso debba non limitarsi alla giornaliera sparata polemica, ma puntare alla costruzione paziente e concreta di risposte ai problemi, in linea con l’azione governativa precedente, tutta da rivalutare e proseguire, ed alla proposizione di una politica di sinistra coniugata con la necessità di rispondere in modo serio alle ansie dei cittadini. Il partito democratico non deve lasciarsi imprigionare dall’ansia da prestazione con i sondaggi quotidiani alla mano, con l’impaziente volontà di riaccreditarsi come il buono che si contrappone ai cattivi e con la masochistica ammissione continuativa della sconfitta e degli errori passati.

Mantengo tutte le mie serie perplessità e i miei fortissimi dubbi sulla combinazione governativa uscita più da un ignobile connubio che dalle urne. Tuttavia non mi piace il clima politico e soprattutto mediatico da ultima spiaggia, che accompagna i primi vacillanti passi del governo Conte (tanto per cominciare chiamiamolo col suo nome e spegniamo i fari puntati sulle starlette dell’accordo giallo-verde): sarebbe un piacere immeritato fatto al nuovo governo che cerca la ribalta per mostrare le gambe e nascondere le rughe.