La certezza delle ambiguità e l’ambiguità delle certezze

Il Presidente delle Repubblica non deve e non può accompagnare la soluzione della crisi di governo come un notaio che autentica e registra il contratto e lo affida ai rappresentanti delle parti contraenti per la relativa applicazione, ma non potrà fare a meno di prendere atto con scrupolo notarile delle divergenze sostanziali che sottendono al contratto stesso, rischiando di renderlo un pezzo di carta in cui è scritto tutto e il contrario di tutto. Non sorprende quindi che emergano difficoltà non tanto nel confronto fra M5S e Lega, ma nei rapporti con Mattarella nell’esercizio delle sue prerogative costituzionali.

Non credo che gli aspiranti partner di governo si mettano a litigare di fronte al Capo dello Stato, se non altro perché li riceve separatamente, ma sicuramente emergeranno le (insanabili) contraddizioni. In buona sostanza si scontrano due opposte concezioni della politica, che coinvolgono metodo e contenuti in una matassa aggrovigliata, difficilmente dipanabile se non nell’equivoco di un mandato elettorale frettoloso e generico. Il M5S balla il suo valzer delle ambiguità fatte sistema per accalappiare il consenso, per trovare sponde di potere e appoggi internazionali. Si pensi alle ondivaghe posizioni su temi fondamentali quali l’europeismo, l’immigrazione, i conti pubblici; si pensi agli strampalati posizionamenti nel Parlamento europeo; si pensi agli spregiudicati rapporti preferenziali con il putinismo e il trumpismo; si pensi agli atteggiamenti politici tarati esclusivamente sull’aria che tira a livello di sondaggi, con la coerenza ridotta all’opportunismo in chiave elettoralistica.

La Lega di Salvini balla la rumba delle certezze illusorie fondate sulle paure degli italiani: si pensi alle velleitarie smanie anti-immigrati, ai giochi di prestigio sulla legittima difesa, alla demagogica diminuzione delle tasse, all’antiriforma delle pensioni, alla revisione dei trattati europei. Siamo alla fiera dell’impossibile fatto certezza di fronte ad un elettorato stordito e attonito.    I cinquestelle lavorano di fino nel salotto delle ambiguità, i leghisti usano la clava nel bar sport delle certezze. Sarà una gara dura trovare la quadra. Ai sussurri dimaiani rispondono le grida salviniane. Il casino è inevitabile.

Come potrà vedere la luce “il contratto” tanto enfatizzato? E soprattutto a chi verrà affidato il compito di tradurlo nel quotidiano indirizzo di governo? Come potrà Sergio Mattarella, preoccupato di garantire al Paese un futuro di continuità nei rapporti   internazionali, affidare il governo ad un fiduciario salvinian-dimaiano? Come potrà il Capo dello Stato rassicurare i mercati finanziari consegnando il governo ad una banda di dilettanti allo sbaraglio? Come potrà il Presidente della Repubblica assicurare la copertura finanziaria nell’amministrazione dello Stato mettendo al governo del Paese chi fa dello sfondamento dei bilanci la propria cifra caratteristica? È vero che la politica è l’arte del possibile. La vera novità che si prospetta consiste però nel fatto di  trasformare la politica nell’arte dell’impossibile.