I salotti televisivi e le soffitte istituzionali

Ricordo che mio padre, per sintetizzarmi in poche parole l’aria che tirava durante il fascismo, per delineare con estrema semplicità, ma con altrettanta incisività, il quadro che regnava a livello informativo, mi diceva: se si accendeva la radio “Benito Mussolini ha detto che…”, se si andava al cinema con i filmati luce “il capo del governo ha inaugurato…”, se si leggeva il giornale “il Duce ha dichiarato che…”.

Il mondo è bello perché è vario e perché cambia, si capovolgono le situazioni anche se purtroppo la sostanza rimane abbastanza immutata. I media, quando non hanno l’obbligo, imposto dall’alto, di incensare il potente di turno, se lo vanno magari “liberamente” a cercare o addirittura si autoincensano al punto da tendere a sostituirsi al potere politico. È, più o meno, quanto sta succedendo durante la fase propedeutica alla formazione del governo italiano post-elettorale. Il cittadino ha ormai la pericolosissima impressione che i tempi e le scelte politiche siano dettati dagli studi televisivi in cui imperversano cronisti, editorialisti e politologi, in una sarabanda in cui le istituzioni sono relegate in un angolo e sembrano muoversi a bacchetta rispetto agli input mediatici. Come ha sottolineato acutamente Piero Fassino, un politico serio ed equilibrato, viene tristemente accreditata l’idea di una politica talmente mediatizzata al punto da prescindere dai poteri e dalle prassi costituzionali.

Tutti sono intenti a dare lezione di diritto costituzionale al Capo dello Stato, su come e cosa fare a livello di prassi, sulle scelte da operare nell’interesse del Paese. In Italia da tempo siamo tutti commissari tecnici della nazionale di calcio, ora stiamo diventando tutti presidenti della repubblica istigati da un sistema informativo drogato, autoreferenziale e fuorviante. Siamo arrivati a questo punto: votiamo sotto dettatura mediatica e poi aspettiamo il governo suggerito dai talk show televisivi. Questa è democrazia? Io direi piuttosto videocrazia!

Non se ne può più, anche perché gli studi televisivi sono zeppi di personaggi che tirano esclusivamente l’acqua al loro mulino. Ai due poli mediatici tradizionali, Rai e Mediaset – il   primo, sempre più confusa espressione dei partiti politici, l’altro, sempre più furbesco portavoce del berlusconismo e del suo impero – si è aggiunto quello concertato da La7 in combutta col Fatto quotidiano, aggregante gli scontenti del renzismo e i tifosi del grillismo, sotto la perbenistica copertura di un certo culturame e di un petulante passatismo. Non si capisce dove vogliano parare, se non, per dirla in modo triviale, a “pararsi il culo”, puntando opportunisticamente sui nuovi fantomatici equilibri e tentando di condizionarli se non di cavalcarli. Siccome il presidente Mattarella è, per sensibilità, competenza, esperienza coerenza e correttezza, fuori dai giochini politico-mediatici, sta diventando il bersaglio di quanti temono che la politica possa, in qualche modo, recuperare il proprio ruolo al di là ed al di fuori del circo equestre in cui tutti trovano pane e companatico.  Spero che il Capo dello Stato riesca a resistere a questa subdola opera di sgretolamento istituzionale: gode di molto consenso a livello popolare e mi chiedo come mai. Forse la gente, quando si allontana dal video e guarda direttamente la faccia pulita delle istituzioni, recupera un po’ di lucidità.