Da bambino chiedevo conto ai miei genitori del loro comportamento in occasione del referendum Monarchia-Repubblica nell’immediato dopoguerra. Entrambi non nascondevano il loro voto: mia madre aveva votato monarchia, mio padre repubblica. Nel 1946 vivevano insieme da dodici anni, ma ognuno, giustamente, manteneva le proprie idee politiche e le esprimeva liberamente. Mia madre così giustificava la sua difesa dell’istituto monarchico: «Insòmma, mi al re agh vräva bén!». Non un granché come motivazione politico-istituzionale, ma mio padre non aveva nulla da eccepire. Taceva. Io non mi accontentavo e, da provocatore nato, chiedevo: «E tu papa? Cos’hai votato?». Rispondeva senza girarci attorno: «J’ ò votè Repubblica!». Allora mia madre controbatteva che comunque l’opzione repubblicana vinse con l’aiuto di brogli elettorali. A quel punto mio padre si chiudeva in un eloquente silenzio e aggiungeva solo: «Sì, a gh’é ànca al cäz, ma…». Mia sorella invece girava il coltello nella piaga e rivolta polemicamente a mia madre diceva: «Il re, bella roba! Ci ha regalato il duce per vent’anni, poi, sul più bello, se l’è data a gambe. E tu hai votato per il mantenimento di questa dinastia?». Papà allora capiva che la moglie stava andando in difficoltà, gli lanciava la ciambella di salvataggio e chiudeva i discorsi con un: «J éron témp difìcil, an e s’ säva niént, adésa l’é tutt facil…».
Di fronte al matrimonio, celebrato in pompa magna e accompagnato dall’entusiasmo dei sudditi, tra il principino inglese Harry, il secondogenito di Carlo e Diana, e Meghan Markle, ma soprattutto davanti all’eco mediatica di questo avvenimento con milioni di persone incollate al video, mi sono chiesto se tuttora non vinca l’ingenua e sentimentale opzione materna rispetto alla disincantata e ragionata visione istituzionale paterna. Perché la gente sente il bisogno di curiosare nelle vicende private di un erede al trono di Inghilterra? In un tempo dominato da scetticismo, non è strano questo morboso attaccamento alle teste coronate? Facciamo fatica ad andare a votare e poi perdiamo ore del nostro tempo a guardare con l’acquolina in bocca le parate regali inglesi. Si respira un’aria anacronistica e di evasione in una sorta di “bunga-bunga” collettivo. Ho provato una grande pena per il principe azzurro in alta uniforme e per la sua sposa di bianco vestita con strascico a non finire, per la famiglia reale impettita e scialba, ma soprattutto per la gente che si entusiasmava dal vivo e davanti al video.
Ricordo quando avevo l’occasione di assistere agli spettacoli lirici all’Arena di Verona: quanto mi infastidivano coloro che all’ingresso “sgolosavano” facendo ala agli “elegantoni” ed osservando la sfilata del pubblico vip. Potevano benissimo costruirsi qualche occasione alternativa, ma confondevano la cultura con l’ostentazione dell’evento culturale. Mi pare la stessa e solita solfa che ha visto prima i “poveri” inglesi buttare il prete nella merda di Brexit per poi esaltarsi alle nozze del principe. La mancanza di dignità dei poveri è ancor peggio dell’egoismo e dell’ostentazione dei ricchi. In Italia dobbiamo fare i conti con esponenti politici assai discutibili, però almeno ci è risparmiata la parata regale. Viva la Repubblica!