Don Contesciotte e Paolo Savonarola

Quando nell’aria si concentrano i fumi dell’equivoco e della contraddizione, prima o poi, più prima che poi, il tutto si scarica in occasione di eventi di facciata, magari emblematici, che nascondono la vera materia del contendere. Il nascituro governo, che ha due genitori naturali in Salvini e Di Maio ed un padre putativo in Giuseppe Conte, sta implodendo ancor prima di vedere la luce.

Cosa c’è in realtà dietro la stucchevole candidatura a ministro dell’economia di Paolo Savona? Tutto o niente, a seconda dei punti di osservazione. Partiamo dal tutto. L’illustre economista, per il suo curriculum, la sua storia, la sua esperienza, è la perfetta espressione del tanto vituperato establishment. I due partiti, che hanno da tempo dichiarato guerra al sistema, che rifiutano ogni e qualsiasi contatto con i cosiddetti poteri forti, che vogliono partire dalla gente e fregarsene della classe dirigente, quando devono affidarsi a qualcuno capace di governare, non trovano di meglio che ripiombare dentro l’establishment baciando il rospo e ingoiando la pillola.

Ebbene, improvvisamente un professore di ottantadue anni, una quarantina dei quali vissuti tra organismi istituzionali ed economici, diventa il simbolo del cambiamento e la scelta irrinunciabile di chi vuole avviarlo a tutti i costi. “Strana ingiunzion”, dice Falstaff a Ford, che si finge un semplice innamorato di Alice (in realtà ne è il marito), ma chiede a lui di conquistarla. E Ford così si giustifica: “Ma se voi l’espugnate, poi, posso anch’io sperar: da fallo nasce fallo e allor…che ve ne par?”. Paolo Savona sarebbe cioè il grimaldello per far saltare gli equilibri sistemici a livello nazionale, ma soprattutto a livello europeo? Dopo essere stato, se ben ricordo, ministro in un governo che pilotò l’ingresso dell’Italia nell’area Euro, ne è diventato un acerrimo nemico. Sono andato a curiosare nelle sue dichiarazioni rilasciate in tempi non sospetti e riporto tre dichiarazioni di alcuni anni fa. Da tempo sostiene che “l’euro senza un’effettiva unione politica tra gli Stati europei fa solo danni” (è un ragionamento molto radicale, ma di per sé non anti-europeo). Afferma che la Germania è “l’azionista di maggioranza di Eurolandia, che ha potuto contare su un marco svalutato per esportare e creare il suo enorme surplus” (può essere vero, ma allora?). Sul problema del debito pubblico propone di “cedere patrimonio pubblico e con gli introiti abbattere il debito. Abbattendo quindi gli oneri finanziari sul debito pubblico e creando spazi per la spesa. Il tutto senza fare ancora modifiche strutturali. È l’unica soluzione che io valuto possibile. Le altre restano avventuristiche: come ribassare le tasse senza preoccuparsi del disavanzo, nella speranza che l’elasticità della domanda superi il deficit pubblico che genera” (e allora della flat tax cosa ne facciamo?).

Mi pare che nel cervello, peraltro assai vivace, di Savona regni un po’ di confusione, ma soprattutto non vedo omogeneità con il “contratto di governo” di cui sarebbe diventato il fantomatico vessillo. Al di là del suo euroscetticismo o addirittura del suo antigermanesimo, regna uno scompiglio, che, a livello meramente culturale e scientifico, può essere anche uno stimolo, ma a livello governativo sarebbe deleterio e controproducente. Penso che Sergio Mattarella abbia queste perplessità e  non stia creando difficoltà al governo Conte, ma gliene stia cercando di scongiurare ed evitare. Lo dovrebbero ringraziare, perché diversamente inserirebbero nella compagine governativa un discreto “sporca per casa”. Ma il grido di battaglia fa perdere la bussola.

In realtà quindi dietro la finta guerra tra palazzo Chigi e il Quirinale su Paolo Savona non c’è proprio niente di importante, solo la necessità di tenere calde le truppe. Ho la netta impressione che Paolo Savona stia a questo combattimento istituzionale come Elena stava alla guerra di Troia. C’è in atto uno sforzo epico di tenere in piedi un governo che traballa ancor prima di prendere corpo.  Temo possa essere uno stile di comportamento che, suo malgrado, Giuseppe Conte dovrà tenere per coprire la guerra tra Salvini e di Maio con la battaglia contro i mulini a vento. Conte novello don Chisciotte, Savona riscoperto quale Savonarola dell’antipolitica.