Prodi aveva Bertinotti, Berlusconi ha i cretinotti

I casi sono due: o la politica ha raggiunto un livello talmente basso da consentire a Berlusconi di giganteggiare, oppure Silvio Berlusconi oltre al ridicolo lifting corporale è riuscito a farsene uno mentale. Sta dicendo e scrivendo cose di buon senso, che, in mezzo allo sbraitare degli altri, assumono una inopinata valenza. È vero che nella vita arrivano insegnamenti e lezioni spesso anche da persone verso cui non si nutre stima e considerazione: è così forse in politica dove mutano le situazioni e chi sembrava il diavolo rischia di diventare improvvisamente una spruzzata di acqua santa.

Alla battutaccia sulla precaria affidabilità democratica dei pentastellati, ha fatto seguito una breve analisi storica della propria azione politica: prima combatteva i comunisti e, aggiungo io, dopo essersi accorto che non esistevano, ha ripiegato sui populisti. Questi ultimi ci sono sempre stati e sempre ci saranno e però non sono solo nel M5S, sono anche e soprattutto nella Lega con cui Berlusconi è costretto a fingere di essere alleato, oltretutto di minoranza. Mi sembra un naufrago che lotta contro le onde populiste e tenta disperatamente di uscirne vivo. L’altro giorno, se devo essere sincero, ho solidarizzato con lui, relegato in un angolo da due cretinotti, Salvini e Meloni, suoi compagni di delegazione al Quirinale. Si sarà chiesto: ma chi me lo fa fare? Me lo sono chiesto anch’io e non ho trovato risposta se non nell’ego spropositato del cavaliere e nei suoi interessi aziendali che lo costringono a tenere botta. Un tempo c’erano i Bertinotti che creavano casino e imbarazzo a sinistra, oggi esistono i cretinotti che scompigliano i giochi della destra. Un parallelismo assai impietoso per Bertinotti: tutto sommato non lo merita, lo faccio solo per rendere l’idea.

Poi, tra una nuotata e l’altra, il cavaliere è arrivato all’auspicio di un governo autorevole, capace di mediare tra Usa-Mosca-Ue. In una lettera aperta al Corriere della Sera ha scritto: «L’Italia ha bisogno al più presto di un esecutivo nel pieno dei suoi poteri. I nostri alleati avrebbero il dovere e l’interesse di ascoltare. Di fronte a una situazione così complessa e drammatica non si tratta di schierarsi da una parte o dall’altra, ma di ragionare e di agire su una possibile soluzione. Per questo serve un governo autorevole sul piano interno e internazionale, interlocutore riconosciuto e capace di farsi ascoltare dalle maggiori potenze».

Credo che Berlusconi stia pensando a un governo di unità nazionale in cui lui e il suo partito troverebbero un ruolo politico al di là dei numeri. In questa logica diventerebbe un dato interessante quello che sembrava un altolà sprezzante: la presidenza del Senato alla Casellati, berlusconiana di ferro. Non so se stia lavorando alacremente per far fallire ogni residua possibilità di governo con i cinquestelle o se stia cercando il modo di eclissarsi elegantemente da una simile eventualità. Resta comunque un dato di fatto: non è in confusione mentale, forse non è mai stato così lucido, riesce ad esprimere concetti sensati in un clima da rissa verbale.

Dal momento che ha fatto sessanta, sarebbe opportuno tentasse di fare sessantuno. Ritirandosi dalla scena? In questo momento direi proprio di no, ma continuando a tenere un atteggiamento coerentemente ed obiettivamente volto a sostenere un governo serio. Il prerequisito posto continuamente dai grillini alla politica è l’onestà. Io preferisco la serietà: se ne sente un bisogno enorme e il fatto che Berlusconi faccia ragionamenti seri non è da disprezzare e nemmeno da sottovalutare. Forse ha solo fiutato l’aria e cerca di salire sul carro mattarelliano in procinto di partire? Può darsi, ma è sempre meglio un’opportunistica mossa equilibrata piuttosto di una testarda ed intransigente sparata.