Di Maio e la foglia di Fico

Non bastava una campagna elettorale lunga, insulsa e mistificatoria, non era sufficiente la stranezza di un voto uscito più dalla fantasia di un umorista prestato alla politica che dalle urne, non bastava la confusa volontà delle forze politiche vincenti ma numericamente bloccate su percentuali minoritarie, non bastava  l’incapacità a cercare e trovare compromessi di governo al più alto livello possibile, non bastavano le reciproche pregiudiziali sulle persone, non bastava l’indegna bagarre  post-elettorale portata fino alle stanze del Quirinale, tutto ciò non bastava, ci voleva la ciliegina sulla torta ed è arrivata.

Dopo il naufragio del presidente del Senato nel mare aperto del confronto tra Centro-destra e Cinque Stelle, si preannuncia un ulteriore passaggio nell’iter delle consultazioni del Capo dello Stato, vale a dire un incarico esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico per vagliare le possibilità di un accordo di governo tra M5S e Partito Democratico. Questa verifica prende atto della doppiezza del movimento grillino, più volte dichiaratosi disponibile ad un confronto anche col PD e vuole stringere i bulloni intorno a queste schizofreniche opzioni politiche.

Sul più bello il cosiddetto leader pentastellato Luigi Di Maio rilascia dichiarazioni che sembrano neutralizzare a priori i tentativi di Mattarella e dice: «Io credo fermamente nel fatto che con la Lega di Matteo Salvini si possa fare un buon lavoro per il Paese. Possiamo fare cose molto importanti. Questo è il momento in cui possiamo fare grandi cose. Ma c’è bisogno di venirsi incontro. Io ce la metterò tutta. Deciderà il Presidente Mattarella, ma se mi chiedete di Fico, ho solo cose buone da dire. Guardiamo a lui come una figura di garanzia che è stata in grado in questo momento di assicurare la sua imparzialità». Se questa non è una presa in giro verso il Presidente della Repubblica…

Cosa vuole fare il Movimento Cinque Stelle? Lo dica una buona volta ai suoi elettori, ma anche a tutti gli italiani. Vorrebbe tentare un accordo con la Lega, ma senza interferenze berlusconiane. Come se uno chiedesse la mano di una ragazza purché ripudiasse i propri genitori e parenti: una Lega rinnegata (sarebbe meglio dire rinnegante) e felice, per dirla con Madama Butterfly di Puccini. La ragazza recalcitra, anche perché rischia di essere disonorata e diseredata, ma il pretendente insiste. Il padre (leggi Berlusconi) lo manda a pulire i cessi, lo ritiene inaffidabile, ma quello insiste. Qualcuno molto autorevole (leggi il Presidente della Repubblica) gli sta cercando un altro buon partito al cui fascino il giovanotto (leggi Di Maio) non era del tutto insensibile, ma proprio mentre sta per iniziare la ricerca c’è un ritorno agli impossibili primi amori. Un gioco dell’oca che investe e squalifica le forze politiche, ma che trascina nel ridicolo persino il Presidente Mattarella, che però la sa molto lunga e forse manderà tutti a quel paese: i pretendenti ondivaghi, le ragazze che si specchiano, i genitori possessivi, i cercatori di matrimoni impossibili. Cambierà gioco, tirerà fuori le sue carte e le mostrerà. Il M5S non potrà più nascondersi dietro la foglia di Fico e dovrà finalmente uscire allo scoperto, lasciando la tattica dei due forni a chi se la poteva permettere nel passato. Resta quella ciliegina acida cui facevo riferimento: uno sgarbo istituzionale da parte di chi non ha alcun garbo. Un atto di bullismo verso il Quirinale!