02/03/2018

Letture bibliche nella liturgia del giorno

 

Genesi 37,3-4.12-13a.17b-28; Salmo 104; Matteo 21,33-43.45-46.

 

Riflessione personale

 

Gesù non manca occasione per spiegare, in modo più o meno allegorico, il violento rifiuto a cui andrà incontro. Nel brano evangelico odierno si parla di un padrone (Dio) che pianta una vigna e la affida a dei vignaioli (il popolo eletto di Israele); poi manda i suoi servi (i profeti) a ritirare il raccolto e vengono uccisi dai vignaioli; fa un estremo tentativo e manda suo figlio (Gesù), ma uccidono anche lui dopo averlo cacciato fuori della vigna (fuori delle mura di Gerusalemme). A quel punto il padrone consegna la vigna ad altri vignaioli (i pagani).

Può essere tranquillamente considerata come l’allegoria della vita personale del cristiano infedele. A chi consegnerà la vigna questo paziente vignaiolo, dopo averle provate tutte? A quelli che nel nostro perbenismo consideriamo persone disprezzabili, peccatori incalliti, gentaglia da evitare accuratamente. “I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel Regno dei cieli”. Va bene, ma Gesù forse ha esagerato, voleva solo rendere l’idea, spaventarci, fare dei paradossi. Non credo! Voleva dire quel che ha detto. Andiamo quindi molto adagio a squalificare chi vive fuori dai nostri canoni.

Gesù, alla sua nascita, ha trovato accoglienza nei pastori, persone ritenute immonde, dei poco di buono, degli “sporcaccioni”, che vivevano da animali con gli animali a cui si univano persino sessualmente.  Alla fine tragica della sua vita, quando agonizzava sulla croce, trova solidarietà in un centurione romano, un nemico per antonomasia, e in un ladrone, uno squallido delinquente. E noi stiamo a sottilizzare, ci sentiamo a posto, migliori, perché pratichiamo il tempio, biascichiamo frettolosamente qualche preghiera, osserviamo le regole che abbiamo costruito a nostro uso e consumo. Buttiamo i nostri fratelli, i prediletti del Padre, nella cisterna e poi li vendiamo, li giudichiamo perduti, noi gli eredi (come successe a Giuseppe ad opera dei suoi fratelli), come successe a Gesù. Basti pensare all’idea che abbiamo del carcere e dei carcerati: hanno quel che meritano! Ne siamo proprio sicuri?