I vincitori che pagano dazio

Siamo talmente presi dalle vicende di casa nostra da trascurare quanto sta avvenendo nel mondo. Donald Trump non si accontenta di incassare la disponibilità del leader nord-coreano a dialogare dopo le scorribande nucleari, ma ha dichiarato aperta la guerra dei dazi, facendo incazzare Europa, Giappone, Cina, un po’ tutti insomma, preoccupati delle ripercussioni economiche di un atteggiamento protezionistico americano, che dalle parole sembra passare ai fatti.

Prima o dopo doveva succedere: o Trump ha scherzato in campagna elettorale prendendo in giro tutti oppure mantiene le promesse di un ripiegamento commerciale a illusoria e nazionalistica difesa della produzione e del lavoro statunitensi. Credo che la scienza economica, la coscienza politica e l’esperienza storica dimostrino ampiamente l’insensatezza di un tale approccio; se la globalizzazione va riformata e corretta non è certo così che si può tentare di farlo, con iniziative unilaterali, bellicose, drastiche e demagogiche. Ammetto che il popolo possa reagire criticamente soffrendo le conseguenze di una globalizzazione spericolata e senza regole, ma alle preoccupazioni popolari non si deve rispondere con misure populiste, vale a dire cavalcando vergognosamente e strumentalmente le ansie della gente. Il confine tra popolarismo e populismo è proprio questo: qualcuno gioca sull’equivoco, ma, come si suol dire, le balle stanno in poco posto.

L’Europa sta reagendo a livello diplomatico e non è escluso che debba reagire anche a livello commerciale, rispondendo a tono e suonando le proprie campane. Penso e spero che non si arriverà ad aprire una vera e propria guerra dei dazi: sarebbe un clamoroso passo indietro. Da Trump non c’è da aspettarsi niente di buono, nonostante abbia sostenitori, più o meno palesi, anche in Europa ed anche in Italia.

Mi viene spontaneo chiedere: come si comporterebbe in sede europea il trionfatore Matteo Salvini, di fronte all’attacco protezionista americano? Starebbe al gioco trumpiano dell’ognuno guardi in casa propria o si farebbe coinvolgere dal vento liberista europeo? Farebbe coerentemente il populista o guarderebbe pragmaticamente agli assetti commerciali mondiali? Sarà anche questo il banco di prova dei nuovi governanti italiani. Per non parlare di manovre correttive chieste dall’Europa sui conti pubblici italiani. A tale riguardo il prode Salvini ha rassicurato che ridurrà il deficit senza sacrifici, anzi abbassando comunque le tasse. E quindi faccia in fretta il Presidente Mattarella ad affidargli l’incarico: non perdiamo queste miracolose opportunità. Magari Salvini sarà in grado persino di   trovare accordi commerciali con Trump. Si sta cercando la giusta sede per aprire un tavolo di trattativa fra Stati Uniti e Corea del Nord? Ebbene ospitiamoli in Italia: in via Bellerio? Facciamo addirittura a palazzo Chigi, con Salvini a fare gli onori di casa. Meglio di così!