I menestrelli dell’anti-storia

In uno dei tanti asfittici dibattiti televisivi sul dopo-elezioni, ne ho sentita una veramente “bella”, sorprendentemente detta da un giornalista di spessore, vale a dire da Vittorio Zucconi. Non ho capito se fosse alla disperata ricerca dell’originalità, quasi a voler battere due a zero l’elettorato che quanto a originalità(?) non è secondo a nessuno, oppure se fosse coinvolto, suo malgrado, nell’autentico casino cultural-politico scoppiato il 04 marzo scorso, una confusione in cui non ci si raccapezza più e tutti, per lo meno molti, sembrano divertirsi.

Quando si vuol esprimere che uno la dice grossa, si dice eufemisticamente che ha bestemmiato in cattedrale. Ebbene Vittorio Zucconi ha bestemmiato su la7 con grande nonchalance. Per avvalorare l’ipotesi di un accordo di governo tra centro-destra (bisognerebbe cominciare a chiamare le cose col loro nome: Lega) e M5S (anche qui sarebbe meglio parlare fuori dai denti e dire: grillini), ha scomodato il compromesso storico tra DC e PCI e gli accordi di governo che lo iniziarono per mai finirlo. Solo uno dei suoi interlocutori ha avuto il buongusto di eccepire la differenza tra le due prospettive politiche, facendo almeno notare la differenza abissale dei protagonisti: da una parte la lungimirante, lucida e costituzionale visione di Moro e Berlinguer, dall’altra la meschinetta, opportunistica e pressapochistica menata di Salvini e di Maio.

Cosa c’entri il compromesso storico con l’eventuale accordo antistorico tra grillini e leghisti in vena di scherzare col fuoco è difficile capirlo: me lo dovrebbe spiegare Zucconi. Nella notte politica in cui siamo sprofondati tutti i gatti sono bigi, più uno la spara grossa e più viene ascoltato, la storia è diventata un optional, la nebbia qualunquista avvolge tutto. Noto da parecchio tempo come ci sia in atto un allineamento dell’informazione, anche quella più culturalmente pretenziosa, all’andazzo protestatario che sta montando e scalando il Paese: si liscia il pelo ai cittadini in vena di buttare tutto all’aria, si segue l’acqua che corre, ci si prepara al peggio, si lega l’asino dove vuole l’ipotetico, nuovo e imprevedibile padrone.

Tutto dovrebbe però trovare un limite invalicabile nella memoria storica di un passato che ci interpella e ci presenta il conto. Generalmente è il presente che chiede conto al passato, ma nel caso della politica italiana è il passato che fa arrossire di vergogna i contemporanei. Se leghisti e grillini avranno l’impudenza di mettersi d’accordo tramite il compromesso più basso possibile ed immaginabile, non cerchino scuse in un passato, che non è certo tutto fulgido, ma nemmeno utilizzabile per una rincorsa verso l’ignoto. Un mio simpatico ma impreparato compagno di classe alla precisa domanda del professore su verso cosa guardasse un personaggio della Divina Commedia (non ricordo quale), rispose: “Verso grandi orizzonti…”. “Sì, ribatté l’insegnante, verso orizzonti di non studiare…vai al posto!”. Ma anch’io non fui da meno e durante un compito in classe di storia, mi trovai alle prese con un preciso quesito: cosa pensa Dante Alighieri di Federico Secondo? Non ci saltavo fuori e bisbigliai una richiesta di aiuto ad un compagno posizionato vicino al mio banco, il quale sentendosi controllato a vista, non poté far altro che suggerirmi un generico “pensa bene” su cui lavorai vergognosamente di fantasia. Vorrei chiedere a Vittorio Zucconi dove guardavano Moro e Berlinguer e dove guardano Salvini e Di Maio e soprattutto cosa pensa di questi improvvisati aspiranti statisti usciti dalle urne. Vorrei tanto sperare che non mi rispondesse con un generico “penso bene”.