All’osteria di Palazzo Chigi

Sembra (ben) avviata la ricerca dell’intesa programmatica per la formazione del nuovo governo tra M5S e Lega (o centro-destra come dir si voglia). I punti da cui partire sarebbero: la diminuzione delle tasse, l’eliminazione della legge Fornero, l’abolizione dei vitalizi per i parlamentari. Il massimo della demagogia sintetizzato in tre slogan: meno tasse, più pensioni e taglio netto al costo della politica. Tutti d’accordo e tutti contenti, con un piccolo particolare: per fare questo occorrerà una “baracconata” di miliardi che si aggiungerebbe alla già consistente somma necessaria per migliorare il deficit di bilancio già esistente, mentre il taglio ai vitalizi dei politici comporterebbe il risparmio di una manciata di milioni.

Si tratta di fare i conti senza l’oste o meglio, come direbbe mio padre, in stile osteria: «I pàron coi che all’ostaria con un pcon ad gess in sima la tavla i metton a post tutt; po set ve a vedor a ca’ sova i n’en gnan bon ed far un o con un bicer…». Stiamo arrivando alla farsa.

Chi non è d’accordo sull’alleggerimento della tassazione? Il problema non è quello, ma di verificare la compatibilità a livello di conti pubblici. Sta per nascere il governo dei sogni con un compromesso onnicomprensivo al rialzo: metteranno dentro anche il reddito di cittadinanza. Sono sinceramente curioso di vedere come andrà a finire. L’aspetto più penoso per me, volete sapere qual è? Nonostante la pessima considerazione che nutro di Silvio Berlusconi, mi dispiace vederlo ridotto a fare il parente povero (si fa per dire) di Salvini e ad ingoiare il rospo di Grillo.

La tentazione di buttarla in ridere è forte. Infatti vado avanti su questo tono e riporto cose già note a chi ha la bontà di seguire questa rubrica. Parto da una una simpatica gag più volte richiamata, a cui mia nonna si riferiva frequentemente.

Due supponenti ingegneri, di fronte ad una porcilaia che avevano costruito senza badare a spese e col massimo delle concezioni moderne, al termine dei lavori, mentre si scambiano i complimenti, sentono una vocina fuori campo che gela loro il sangue: «Méstor mi e méstor vu e la zana d’indò vala su?».  Si erano soltanto dimenticati l’uscio.

Aggiungo anche una barzellettina paterna sul vezzo dei politici a promettere l’impossibile. Durante un comizio il candidato di turno arringava la folla: «Vi daremo questo, vi concederemo quest’altro, vi offriremo ciò che vorrete…». «E l’afta epizootica?», chiese timidamente un agricoltore della zona interessata. «Vi daremo anche quella!», rispose gagliardamente il comiziante. La politica sta diventando un comizio elettorale perpetuo e la gente non è alla ricerca di proposte serie e fattibile, ma si accontenta di ascoltare quel che vuol sentirsi dire.

Io non so cosa chiederà ai suoi interlocutori il Presidente della Repubblica durante le consultazioni al Quirinale dei gruppi politici e delle personalità. Non so se sia dotato di humor. Lo vedo peraltro molto sereno e sicuro di sé. Spero riesca a smontare le assurde velleità di chi non ha filo per tessere la tela. Non ho dubbi che tratterà la pratica con molta correttezza, anche se forse gli potrebbe scappare da ridere. Ma lui è molto ma molto più serio di me.