Adda passà ‘a sbornia

Si dice che quando Berlusconi lanciò dal nulla culturale il suo partito di Forza Italia, puntando quasi tutto sull’ancora vivo e vegeto “anticomunismo senza comunismo”, gli esperti di marketing, che lo tenevano per mano, gli dissero come la sbornia elettorale sarebbe durata alcuni mesi, dopo di che la gente si sarebbe svegliata. Il primo governo Berlusconi effettivamente andò in crisi dopo alcuni mesi, implose ad opera soprattutto di Umberto Bossi, per lasciare spazio ad un governo tecnico. La vita politica berlusconiana non finì purtroppo lì: il berlusconismo seppe riciclarsi, arrivò ad un passo dal diventare un vero e proprio regime, ebbe una seconda caduta clamorosa nel 2011 (partì un governo tecnico), ma seppe galleggiare ed ora si è ripresentato vestendo gli scomodi panni del leghismo riveduto e scorretto.

Chi ha messo una barriera istituzionale allo strapotere berlusconiano? I presidenti della Repubblica: prima Scalfaro, poi Napolitano. Quando lui, straparlando, fa riferimento ai colpi di stato subiti, credo pensi anche a questi sbarramenti. In realtà era lui che tentava colpi di stato sotterranei e fortunatamente ci fu chi ebbe l’ardire di fermare le sue avventure, non tanto quelle sessuali, ma quelle politiche.

Nutro quindi due speranze. Una riguarda il successo strepitoso degli anti-tutto, si chiamino M5S o Lega. L’infatuazione non dovrebbe durare molto, purché ci possa essere dopo il test elettorale quello governativo: sarebbe opportuno che questi bastian contrari della politica si misurassero con i problemi reali per evidenziare la loro inadeguatezza con brevi ma clamorose inadempienze. Un esperimento molto pericoloso, ma forse necessario. Indro Montanelli giudicava il berlusconismo una malattia che andava patita in attesa di creare gli opportuni anticorpi. Potrebbe essere così anche per il grillismo e il leghismo. Non bisogna però avere fretta altrimenti esiste il rischio letale delle ricadute.

Una seconda speranza è da me riposta nel presidente della Repubblica e nella sua capacità di sbarrare il passo ad avventure che possano mettere a repentaglio la democrazia: questa viene prima delle elezioni e deve sussistere anche dopo le elezioni. A lui probabilmente toccherà il capolavoro di combinare assieme i due discorsi di cui sopra: mettere alla prova i vincitori, evitando che possano creare disastri irreversibili, mettere in sella fantini pazzi su cavalli calmi. E che l’Europa ce la mandi buona!

Non credo sia possibile una grande coalizione di programma, bisognerà accontentarsi di una “piccola” combinazione, magari tecnica, per evitare il drammatico ed immediato ricorso alle urne. Tutti gli schieramenti non hanno interesse a puntare verso una simile scriteriata prospettiva. Ci si arriverà, ma con un po’ di anticorpi, dopo la malattia e dopo la conseguente convalescenza. Sarebbe necessario che la politica rispondesse alla grande ai cambiamenti in atto nel mondo, ma bisognerà accontentarsi di molto meno, di quel che passa il convento per evitare il peggio. Quando ascolto in questi giorni i discorsi politici di chi si candida a governare e le compiaciute analisi dei commentatori del piffero, provo un senso di impotenza. Se mi è consentita una similitudine piccante, è come trovarsi di fronte ad una bellissima, affascinante ed ammiccante fanciulla e doversi accontentare di farle un buffetto sulla guancia per tenerla in tempo e darle la speranza che prima o poi, come nelle fiabe, arriverà il principe (di rigore non azzurro a scanso di equivoci) e allora…