I candidati premier coperti e scoperti

La Costituzione italiana, nel caratterizzare parlamentarmente la nostra democrazia, non dà direttamente al popolo il potere di nominare il capo del governo e quindi anche dopo il 04 marzo prossimo sarà il Presidente della Repubblica ad affidare l’incarico di premier e, su proposta di quest’ultimo, a formare la compagine di governo, che poi dovrà ottenere la fiducia dalle due Camere. Fin qui il dettato costituzionale alla faccia di quanti vorrebbero che le elezioni politiche riguardassero anche la scelta del Presidente del consiglio tra i candidati proposti dai partiti politici e/o dai loro raggruppamenti: una finzione mai come ora destinata fortunatamente ad essere ribaltata dal Quirinale prima e dal Parlamento poi.

Nella bagarre elettorale, tra la tanta confusione sparsa a piene mani, si sta giocando al toto-premier in modo assurdo e paradossalmente ingannevole. Partiamo dal partito che si presenta solo soletto e che quindi dovrebbe avere, almeno in teoria, meno problemi a formulare la sua candidatura a premier: lo ha fatto investendo frettolosamente Luigi Di Maio e assegnandogli la parte di un allievo corridore ciclista che vuol scalare le Alpi e i Pirenei. Oltre a fare i conti con un’incredibile inadeguatezza culturale e politica, gli stanno scoppiando in mano alcune bombette puzzolenti: non so se arriverà sano e salvo al 04 marzo, forse dovrà prendere in mano il pallino il fintamente defilato Beppe Grillo, il salvatore della patria pentastellata che, con un colpo di teatro, potrebbe essere il deus ex machina pre e/o post elettorale (speriamo solo pre…).

Il centro-destra è monco a livello di leadership dal momento che Silvio Berlusconi non può ricoprire, salvo clamorosa sentenza della Corte Europea, incarichi pubblici per condanna penale. Si è aperta quindi una gara interna alla coalizione: chi voterà uno dei partiti del centro destra indicherà indirettamente il premier della coalizione, una sorta di elezioni primarie all’interno della consultazione elettorale vera e propria. Ma non è finita qui perché Forza Italia gioca a carte coperte con un candidato di cui si conoscono le qualità e non il nome: un pizzico di giallo per un partito azzurro e per una gara grigia.

Il centro-sinistra dovrebbe puntare per motivi statutari e politici sulla candidatura di Matteo Renzi. Sta prendendo tuttavia corpo una candidatura di riserva assai gettonata a livello interno e internazionale, quel Paolo Gentiloni ritenuto l’uomo giusto per il governo in uno strano e tardivo endorsement di Romano Prodi, improvvisamente riapparso sulla scena elettorale dopo aver fatto per diverso tempo lo schizzinoso gioco della suocera bisbetica e non domata.  Anche questa coalizione non avrebbe un candidato secco, ma un titolare in super-allenamento con una panchina di riserve di lusso (Gentiloni ed altri).

Il pretenzioso partito di Libertà e Uguaglianza tende a giocare la gara per suo conto tenendo coperti alleanze e uomini per la prossima legislatura: punta in alto, ha nomi di un certo sinistro spessore (?), ma assomiglia, con licenza parlando, a quel bambino che voleva imitare il padre nel pericoloso sfogo della pernacchia e finì col riempire le proprie mutande di…

Non sarebbe meglio se partiti e coalizioni facessero un atto di umiltà verso la Costituzione, riconoscessero le proprie debolezze, ammettessero le loro carenze di leadership, curassero i loro programmi, aspettassero il responso elettorale e rimettessero al Quirinale e al Parlamento il discorso del nuovo governo? Ecco perché ho scritto sopra che è una fortuna che la finzione – tale è come abbiamo visto la gara partitica elettorale per il premier – non conti nulla, dal momento che dovrà entrare il gioco il Capo dello Stato, il quale, sulla base dei dati elettorali, della conseguente configurazione parlamentare e del quadro politico complessivo, farà le sue scelte. Non lo invidio, ma lo stimo e sono sicuro che non si farà condizionare da questa insulsa preventiva partita a poker.