Se il buon giorno si vede dal mattino, la campagna elettorale in cui ci stanno tuffando sarà decisamente insopportabile e insulsa: proclami che trovano disdetta nell’arco di poche ore, contrasti dialettici tra alleati di coalizione, pronunciamenti incoerenti, polemichette da quattro soldi, evidenti promesse da marinaio, clamorose gare a chi la spara più grossa, etc. Ci sono tutti i presupposti per trasformarla in una pericolosissima scampagnata qualunquistica.
Su tutto ciò aleggia da parte mia un dubbio atroce: questo modo, aggressivo, chiacchierone e paradossale, di porsi di fronte all’elettore alla fine pagherà? Sparare cazzate consentirà di conquistare un consenso, seppure superficiale e contingente? Siamo ormai così irrimediabilmente invischiati in un dibattito palleggiato fra i bar di periferia e i salotti televisivi, in cui non riusciamo a distinguere la finzione mediatica dalla realtà dei fatti? Abbiamo perso la capacità critica per distinguere, giudicare e votare di conseguenza?
Spero non si tratti di domande retoriche, credo, nonostante tutto, in un positivo rigurgito di coscienza democratica e di senso civico da parte dei cittadini. Voglio credere che alla fine gli elettori sappiano almeno scegliere il meno peggio, magari turandosi il naso, possano cioè accontentarsi del “poco realistico” rispetto al “molto fantasioso”. Le tre piste critiche dell’elettore medio potrebbero essere le seguenti riferite alle tre aree politiche in gioco.
Può un centro-destra, senza capo né coda, avere sufficiente credibilità dopo le lunghe e penose esperienze governative che, comunque la si rigiri, ci avevano ridicolizzato a livello internazionale e portato sull’orlo del baratro del default.
Può un centro sinistra diviso e rissoso, continuamente e masochisticamente autocritico, preoccupato soprattutto di difendere la propria fantomatica identità, incapace di pagare il prezzo politico alle sfide moderne, paralizzato in una classe dirigente molto choccante e poco lungimirante, rappresentare la capacità e la continuità di governo?
Può l’antipolitica dei grillini, chiusa in se stessa, svergognata dalle ormai troppe esperienze negative, totalmente incapace di esprimere una classe dirigente all’altezza del compito, portata solo ad improvvisare le ricette per stupire gli insoddisfatti, costituire un’alternativa di governo seria?
La risposta a questi dubbi amletici potrebbe portare l’elettore, come purtroppo sta già sempre più succedendo, all’astensione, motivata dalla mancanza di proposte minimamente credibili ed agibili. Oppure potrebbe invogliare il cittadino ad uno scatto di responsabilità e di concretezza, partendo dallo spirito e dalla lettera della Costituzione italiana, visceralmente, frettolosamente e strumentalmente considerata intangibile in occasione del referendum del 2016.
Avevamo allora solo voglia di scherzare, di ridimensionare Renzi, di protestare contro il presente ancorandoci al passato? Se non era così abbiamo la possibilità di dimostrarlo, di partecipare, di approfondire, di scegliere con la testa, di ragionare e di giudicare, ricordando che la politica non è fatta di contrasto infinito tra fazioni contrapposte, ma di sintesi tra le diverse opinioni e di mediazione tra le diverse proposte. Il compromesso ai livelli più alti, come ci dimostra proprio la Costituzione Italiana.
Siccome i partiti e gli schieramenti sembrano incapaci di tornare ad un clima politico costruttivo, gli elettori cerchino di non cadere nella trappola e abbiano quel sussulto democratico che li sappia rendere “cittadini perbene”, fuori e dentro le urne.