A volte, per segnare marcatamente il distacco con cui seguiva i programmi TV, mio padre si alzava di soppiatto dalla poltrona e, quatto, quatto, se ne andava. Mia madre allora gli chiedeva: “Vät a lét?”. Lui con aria assonnata rispondeva quasi polemicamente: “No vagh a lét”. Era un modo per ricordare la gustosa chiacchierata tra i due sordi. Uno dice appunto all’altro: “Vät a lét?” ; l’altro risponde: ” No vagh a lét”. E l’altro ribatte: “Ah, a m’ cardäva ch’a t’andiss a lét”.
La gag dei sordi si attaglia abbastanza bene al dialogo-confronto-scontro fra Consob e Bankitalia in materia di crisi delle banche: in Commissione d’inchiesta Parlamentare sono volate accuse reciproche di inadempienza a livello di vigilanza e controllo sulle banche venete (Veneto Banca e Popolare Vicenza).
Non entro nel merito della questione, mi limito a prendere atto dell’atteggiamento delle due Autorità. Secondo Consob, Banca d’Italia non segnalò adeguatamente i “problemi” esistenti; secondo Banca d’Italia le informazioni e gli elementi forniti alla Commissione che vigila sui mercati e la Borsa erano più che sufficienti a far scattare un allarme. Le testimonianze rese dai rappresentanti dei due Istituti consacrano un palleggiamento di responsabilità, che non fa onore al sistema e che irrita oltremodo coloro i quali hanno avuto danni notevoli dagli anomali comportamenti delle banche in questione.
Ricordo come al tribunale di Parma ci fosse un magistrato che respingeva sistematicamente le richieste di confronti diretti fra imputati e/o testimoni: non serve a niente, sosteneva, perché ognuno rimane sulle sue posizioni e chi deve giudicare è ancor più in difficoltà. In Commissione Parlamentare è saltato il confronto, le due parti si sono scambiate accuse a livello di testimonianza sulla crisi delle due banche venete. Chi doveva controllare? Perché non ha funzionato lo scambio di informazioni? C’è qualcosa che non va nel sistema di controllo oppure ci sono state manchevolezze, incomprensioni, errori ed omissioni?
Il discorso si sposta su livelli di alta acrobazia istituzionale e burocratica: la Commissione non ci salterà fuori e probabilmente non riuscirà a determinare colpe e responsabilità. Angelo Apponi di Consob dice: «Non ci indicarono problemi». Carmelo Barbagallo di Bankitalia risponde: «Erano dati sufficienti per allarme». Non sono questioni semplici e facili, ma impantanare i discorsi in questo modo lascia molto perplessi.
Questi due importantissimi istituti evidentemente non dialogano fra di loro, si limitano a scambiarsi fredde comunicazioni ufficiali senza preoccuparsi dell’interlocutore. Nella trasmissione radiofonica di “Tutto il calcio minuto per minuto” i cronisti, quando si scambiano la linea dopo essersi interrotti per eventi importanti, si rifugiano in un comodo “linea al collega che stava parlando”. Della serie “va’ avanti ti ca’m scapa da riddor”.
Siamo solo agli inizi dei lavori della Commissione Parlamentare d’inchiesta. Alla fine succederà come quando non si riesce a trovare l’arma del delitto di un omicidio. Mio padre diceva: «As veda che quälcdón a ga pregä un colp…». Nel caso delle banche: «As veda che quälcdón al ga fat un pislén…».
E poi chi ha osato mettere in discussione l’operato di Bankitalia si è sentito rinfacciare di non avere il senso delle istituzioni e della loro autonomia. Qualcuno, a pochi giorni dalla conferma del governatore Visco, chiede già le sue dimissioni di fronte al quadro desolante che emerge. Forse era meglio pensarci prima, altrimenti cadiamo in un pericoloso gioco al massacro. A scuola, ai vecchi tempi, quando non usciva il colpevole di una marachella, si veniva tutti colpiti dal provvedimento disciplinare del caso. Qui succederà l’esatto contrario. Non sono un giustizialista, ma neanche un allocco…