Mio padre era solito esprimere il suo scetticismo verso il “nuovo a tutti i costi”: sceneggiava plasticamente la fuga di una donna con l’amante che l’aveva appena riscattata dalle grinfie del marito e “rapita” al nido coniugale. Ipotizzava che avrebbero cominciato a litigare scendendo le scale. «Adésa indò andemja?». «A ca méjja!». «Mo gnanca p’r insònni…». Già finito l’idillio…
Come non pensare a questo aneddoto di invenzione paterna di fronte al precario idillio tra Mdp e Campo progressista, meglio dire tra i fuorusciti del Pd capitanati (?) dal livoroso Massimo D’Alema e gli eterni insoddisfatti raggruppati e condotti da Giuliano Pisapia.
Dopo avere progettato la fuga, avvicinandosi il redde rationem, si sono immediatamente messi a litigare di brutto: prima ancora di cominciare a convivere si starebbero separando (il condizionale è d’obbligo vista la liquidità strategica della sinistra).
Qualcuno sostiene malignamente che l’ex sindaco di Milano, messo alle strette, tra la prospettiva di fare da stampella pseudo-culturale e movimentista all’ennesimo partitino di sinistra sventolato nell’aria fritta dalemiana e la possibilità di fare il ministro di un eventuale governo di centro-sinistra guidato da Matteo Renzi, stia propendendo nettamente per la seconda ipotesi. Non credo che tutto possa essere ridotto a questi minimi termini, anche se la suddetta semplificazione in chiave dorotea può essere emblematica di una scelta ben più di fondo tra il riformismo della sinistra di governo e il velleitarismo della sinistra identitaria e di testimonianza.
Concessa a tutti la buona fede, si intravedono due diverse scappatoie. Per il movimento dei democratici progressisti fin che c’è Speranza c’è vita, nel reparto di rianimazione della sinistra vecchia e sclerotica ; per Campo progressista il discorso è diverso: fin che c’è Pisapia c’è possibilità di contare qualcosa per i movimentisti vedovi della lotte e delle masse.
I soliti osservatori qualunquisti propendono per una lettura in chiave prettamente personalistica: D’Alema odia, forse non solo politicamente, Renzi e lo vuole distruggere; Pisapia si accontenta di condizionarlo pesantemente. Un po’ di verità c’è anche in questa banale ricostruzione.
Cosa ne penserà il potenziale elettorato di sinistra di cui peraltro faccio parte? Ho seri dubbi che si entusiasmi di fronte a queste vicende e temo possa allontanarsi sdegnato e infastidito da queste irresponsabili diatribe. L’elettore di sinistra non vota più in base al richiamo della foresta, vuole vedere una prospettiva politica seria e percorribile. Lo stanno disturbando e confondendo. Possibile che i protagonisti di queste scorribande non lo capiscano? Mettendo in seria difficoltà il Pd contribuiscono a mettere in crisi l’intero sistema politico. Cosa rimane? Vota Grillo (anzi Di Maio) e poi muori.