Da tempo si parlava e si scriveva dello scandalo delle annose violenze sistematiche usate nei confronti dei ragazzi facenti parte dello storico coro di voci bianche di Ratisbona. Un conto è però parlar di morte, altro è morire: è uscita infatti dalle indiscrezioni la clamorosa e choccante vicenda con le cifre incredibili di quanto avvenuto per decenni in una importante istituzione cattolica tedesca, vere e proprie torture fisiche con tanto di molestie ed abusi sessuali annessi e connessi.
Dietro questi comportamenti quasi incredibili ci sono due impostazioni pseudo-culturali (di religioso ed evangelico non hanno niente) che hanno segnato e segnano ancora la vita della Chiesa.
Innanzitutto la storia cattolica ci consegna una educazione di stampo religioso che, fra i tanti meriti accumulati nella formazione dei giovani, ha purtroppo un vizio di fabbrica drammatico e rovinoso: al rigoroso rispetto dei principi e delle regole si può sacrificare, fino alle estreme conseguenze, quello dovuto alle persone. Una sorta di fine altamente educativo che giustificherebbe la violenza dei mezzi punitivi e l’eccesso disciplinare, travalicante i confini del rigore per arrivare alla violenza vera e propria. Non credo che Ratisbona sia un caso unico, forse è la punta dell’iceberg di un sistema, che, dai convitti e dai collegi ai seminari, ha imperversato nel passato almeno fino agli anni settanta.
Un altro pilastro negativo consiste nella criminalizzazione e nella repressione della sessualità vista come vizio e quindi consegnata alla clandestinità degli sfoghi più o meno violenti, nella perversa convinzione che l’abuso episodico possa essere meglio perdonato e tollerato rispetto alla pratica sessuale aperta e naturale. Per dirla brutalmente meglio abusare di un ragazzino per poi chiedere perdono che legarsi ad una donna andando all’inferno: una castità criminale che salva le apparenze e illude di galleggiare sul mare tempestoso delle passioni. La repressione sessuale ha ottenuto questi paradossali risultati. Credo si tratti dell’errore peggiore commesso dalla Chiesa nella sua storia: ne sono rimasti condizionati chierici, laici, religiosi, educatori, preti, suore, vescovi, cardinali, papi. Un vero e proprio attentato al Vangelo.
Attorno a queste impostazioni devianti si è creato un alone di complicità, di omertà, di inerzia, di viltà che non riesce a finire al di là dei proclami, delle commissioni, delle inchieste, dei risarcimenti, dei provvedimenti e delle buone intenzioni. Questa fitta ed avvolgente rete si è strappata in più punti, ma non si è dissolta: continuano ad emergere fatti gravissimi che toccano o almeno sfiorano persino responsabilità di altissimo livello gerarchico. Si coglie un desiderio di voltare pagina, ma la storia continua a buttare in faccia alla cattolicità gli echi di un passato, che rivolge accuse pesantissime, tali da mettere i brividi.
Non invidio papa Ratzinger alle prese con una scomodissima parentela: qualcuno ha malignamente ipotizzato che la sua rinuncia fosse dovuta anche e soprattutto all’ingombrante macigno del fratello Georg, coinvolto nell’affaire Ratisbona almeno per omessa vigilanza. Non credo, sono convinto che Benedetto XVI abbia passato la mano per motivi ben più strategici. Resta tuttavia un gran brutto schizzo di fango che attacca la sua tonaca bianca: solo lui sa la sofferenza proveniente dall’indiretto rimorso per i tanti patimenti arrecati nei tempi dalla Chiesa da lui recentemente governata. Ratzinger aveva capito che il marcio era grande nella Chiesa, ma forse la realtà sta superando la sua pessimistica previsione.
Non invidio papa Bergoglio, che vede compromesso il suo nuovo corso da retaggi del passato e da contraddizioni del presente. Ma tutta la Chiesa deve cambiare registro rimuovendo coraggiosamente due suoi tabù. Il sesso non è un potenziale peccato, ma uno stupendo dono; la persona più è piccola e indifesa e più va rispettata senza “se” educativi e senza “ma” dogmatici. Quando si vuole evidenziare e condannare il massimo disprezzo per la religione, si dice: non si può bestemmiare in chiesa. Ebbene a Ratisbona si è fatto molto di peggio.