Quando in una famiglia non si va d’accordo, ad aprire bocca si sbaglia sempre. Nella famiglia politica italiana non solo non si va d’accordo, ma non ci si rispetta e quindi ogni occasione è buona per schiamazzi verbali e attacchi strumentali. Matteo Renzi lo sa, ciononostante non tace un attimo e quindi offre il fianco ai tanti nemici interni ed esterni al suo partito: qualunque cosa dica viene girata e rigirata contro di lui.
Riguardo al problema degli immigrati ha usato lo slogan “aiutiamoli a casa loro”: affermazione lapalissiana, ma ignorata e contraddetta nei secoli. Mi sarei quindi aspettato che queste parole, piuttosto scontate dal punto di vista, storico, politico, economico e sociale, fossero snobbate e sminuite per il loro retorico significato.
Niente affatto. È diventato il pretesto per una squallida polemica a destra e sinistra. Da una parte è stato visto come un tentativo maldestro di scopiazzare il sempre moderno razzismo nostrano del “rimandiamoli a casa loro”; dall’altra parte come un tradimento del demagogico e parolaio aperturismo dell’ “accogliamo tutti e sempre”.
In realtà, pur nella sua vaghezza, il discorso di aiutare le popolazioni africane, prevenendo l’estrema ratio della fuga da guerre e miseria, non fa una grinza. Non è né di destra né di sinistra, è razionale e solidale ad un tempo. Tuttavia risulta molto più comodo utilizzare il problema per fare un po’ di propaganda.
Renzi dovrebbe imparare a parlare e scrivere meno. I suoi nemici dovrebbero finirla di polemizzare a vanvera senza argomenti da proporre in alternativa. È un dibattito che affronta problemi enormi con l’armamentario della polemichetta politica: come se gli scalatori dell’Everest discutessero se partire con le ciabatte o con le scarpette da passeggio. In questo senso nel partito democratico va di moda la questione dell’uovo e della gallina: nascono prima le coalizioni politiche o i programmi? Altro busillis inventato. E giù fiumi di parole e di inchiostro. Volendo fare un commentino del tutto personale, più psicologico che politico, esterno un disagio crescente, che mi sta sempre più allontanando dalla “politica-politicante” alla disperata ricerca della “politica-politica”.