Un mio collega, grande esperto ed autorevole consulente in materia fiscale, a chi gli chiedeva conto delle novità in discussione a livello parlamentare o governativo rispondeva: «Faccio una fatica enorme a districarmi tra le leggi in vigore, mi rifiuto categoricamente di leggere i provvedimenti in gestazione, aspetto e poi si vedrà quando sarà il momento».
Era una opportuna norma di comportamento a livello professionale, ma potrebbe essere anche un utile consiglio nel dibattito sempre aperto sulle manovre, manovrine, manovrette. Ogni giorno cambiano le carte in tavola: una volta si punta sul taglio delle spese, un’altra sullo sgravio fiscale, un’altra ancora sulla diminuzione del cuneo fiscale, poi si parla di disboscamento delle agevolazioni e detrazioni tributarie, di spinta ai consumi, di aumenti delle tasse su giochi e sigarette, di accelerazione degli investimenti, di ulteriori privatizzazioni.
In questo groviglio gioca un ruolo negativo l’informazione che, correndo dietro alle indiscrezioni, aggiunge incertezza e confusione ad un quadro di per sé già sufficientemente complesse e problematico: la UE chiede rigore e correzione dei conti, l’Italia vorrebbe spingere sull’acceleratore dello sviluppo aprendo i cordoni della borsa, il governo si barcamena, i partiti di governo, PD in primis, non vogliono pagare lo scotto elettorale su provvedimenti restrittivi, le associazioni imprenditoriali puntano sul benefico shock fiscale per le imprese, i sindacati dei lavoratori chiedono interventi di alleggerimento fiscale per le persone fisiche a basso e medio reddito, i media cattolici spingono per provvedimenti a favore della famiglia.
Da questo ginepraio di annunci, regolarmente disattesi nel giro di poche ore, il cittadino ricava un deleterio senso di incertezza (ancor peggio rispetto alla certezza di sacrifici) e l’impressione di non essere governato e di vivere alla giornata.
Occorrerebbe che i governanti parlassero meno e solo quando avessero precise decisioni da adottare e comunicare, che non facessero filtrare indiscrezioni atte a creare scompiglio e apprensione, che tornassero all’ufficialità delle dichiarazioni.
Si fa un gran parlare di fake news, di bufale, di notizie false diffuse ad arte sul web per creare confusione. Sui provvedimenti governativi non siamo a questo livello, ma quasi…
Temo che questo clima sia l’ideale per chi vuole pescare nel torbido, per chi gioca allo sfascio, per chi vuole cavalcare lo scontento. Se la politica non riesce a contenersi ed a controllarsi, rende un ottimo servizio alla cosiddetta anti-politica. Se la politica rincorre le provocazioni e si butta nella mischia mediatica alla ricerca epidermica del consenso, perde ulteriormente credibilità.
Donald Trump in totale spregio alle regole democratiche, durante la campagna elettorale, sosteneva che, se anche fosse uscito in strada e avesse cominciato a sparare all’impazzata, gli americani lo avrebbero votato ugualmente, tanta era la loro voglia di ribellarsi al sistema.
Ebbene, non vorrei che la politica pensasse di recuperare consenso uscendo in strada a sparare cazzate a raffica, dicendo e disdicendo in continuazione. Calma, sangue freddo, discrezione e serietà. Il resto è fuffa!