Mentre i premier europei stavano balbettando le solite parole di circostanza sul futuro della Ue, esce la notizia che Londra dovrà rispondere all’abbandonanda Europa per circa due miliardi di truffa sulle importazioni cinesi. Piove sul bagnato della brexit.
Cosa succedeva? Da quanto ho potuto capire, la Gran Bretagna faceva da ponte alle esportazioni cinesi nel settore tessile e calzaturiero verso il territorio europeo, che venivano colpite da tassazione molto leggera (0,91 euro per un chilo di prodotto importato, rispetto ai 17 euro della Germania e i 137 del Lussemburgo) e quindi smistate in tutto il continente a prezzi ulteriormente ribassati con grave pregiudizio per l’industria degli altri Paesi manifatturieri. Gli Inglesi col loro comportamento permissivo hanno lucrato vantaggi dall’aumento del traffico di merci sul loro territorio, hanno indirettamente sottratto fondi alla Ue (i proventi dei dazi vanno infatti per l’80% nelle casse comunitarie e nel caso venivano applicati con tariffe stracciate e addirittura su valori sottostimati), hanno danneggiato le industrie dei Paesi partner produttori di calzature e tessuti (Italia in primis).
Poi gli Italiani sarebbero disonesti e approfittatori. Tutto il mondo è paese, nel nostro caso tutta l’Europa è paese. Vorrei però fare un altro tipo di riflessione meno etica e più politica.
L’Italia è costantemente sul banco degli imputati (forse solo degli indagati) per comportamento trasgressivo verso le regole comunitarie in parecchi campi, dall’economia ai diritti civili, dal bilancio alle carceri. Ben venisse, se fosse uno stimolo positivo a migliorare e a progredire sulla strada dell’integrazione europea. Purtroppo resta una continua e professorale contumelia, politicamente frustrante ed economicamente squalificante.
Più che di Europa a due velocità integrative, si può parlare di Europa a due velocità correttive. Tutti sgarrano, in modo anche pesante, tutti fanno i cazzi loro, solo l’Italia (in compagnia della Grecia) deve sottostare a questa gogna perpetua.
Gli Inglesi nell’Europa non hanno mai creduto, hanno fatti i loro porci comodi, sul più bello hanno deciso di uscirne, hanno creato danni a destra e manca, finiranno col non pagare alcun dazio (in senso proprio e figurato), si atteggiano a più amici tra gli amici degli USA, trattano la brexit come se ne andasse a loro.
I Tedeschi si sentono i primi della classe, hanno un enorme surplus commerciale che danneggia gli altri e che si guardano bene dal reinvestire per la crescita economica complessiva, si sono unificati con l’aiuto dell’Europa, adesso nessuno li schioda dalla cattedra in cui si sono autocollocati.
Se sbaglio…mi corregge Mattarella
I Francesi sono europeisti a targhe alterne, giocano sempre sull’equivoco, si appoggiano opportunisticamente alla Germania, violano bellamente i parametri di bilancio, rischiano politicamente di trascinarci tutti nel loro baratro lepenista, tengono i piedi in due paia di scarpe, quelle del mediterraneo e quelle del nord-europa, combinano disastri a livello internazionale (vedi scriteriata guerra alla Libia di Gheddafi), sono corrotti come e più degli altri, hanno una classe politica di basso profilo, ma…sono la France, tutto il resto conta poco, vive la France.
Non voglio dare ulteriore sfogo a storiche riserve mentali, né scadere a livello di comodi e facili pregiudizi. Quel che è vero, è però vero. Sono curioso, per tornare all’argomento contingente dei dazi sulle importazioni dalla Cina, di vedere alla fine quanto pagherà la Gran Bretagna dei due miliardi di euro accertati a livello di frode dall’autorità competente di Bruxelles.
In un certo senso mi risponde il Presidente della Repubblica, che dice: «Non viene, alle volte, adeguatamente rammentato che, dopo due guerre mondiali devastanti nate in Europa, dopo gli stermini di massa provocati da fanatismi nazionali, da rivalità e contrasti di interessi economici, alcuni statisti illuminati – e i loro popoli che allora li hanno seguiti – hanno scelto la strada della collaborazione e dello sviluppo in comune. Tutto questo ha comportato decenni di pace e di benessere crescente mai verificatosi in Europa nel corso della storia. Questo valore è incommensurabile. Non c’è difetto dell’Unione Europea, non c’è carenza nel suo modo di essere e di vivere che possa giustificare il ritorno alle rivalità, alla diffidenza, ai contrasti e al pericolo che si ritorni a quello che abbiamo voluto lasciarci alle spalle oltre mezzo secolo addietro».
Accetto con grande rispetto la bacchettata. Non ritiro quel che oggi ho scritto: ormai è scritto. Ringrazio il Presidente. Accolgo la lezione, ripasserò la storia, rinnoverò la mia fede europeista come si fa con le promesse battesimali durante la Veglia Pasquale. Il mio grande e indimenticabile amico Giampiero Rubiconi scriveva nei suoi sparpagliati pensierini: «Correggimi, se non sbaglio». Ho l’ardire di ripeterlo a Sergio Mattarella.